Secondo Robert Skidelsky, il biografo di Keynes, Possibilità economiche per i nostri nipoti è stato generalmente considerato dagli economisti come niente più di un divertissement (Skidelsky, 1992). Non abbiamo dati diretti su quanto fosse importante per Keynes questo particolare lavoro, ma siamo convinti che egli fosse particolarmente affezionato alle idee espresse nel suo saggio e che, quindi, le si dovrebbe valutare come una piccola ma importante chiave di lettura del suo pensiero.
La prima versione di Possibilità economiche risale all’inizio del 1928. Dopo averla presentata alcune volte, soprattutto nel corso di incontri in circoli studenteschi, Keynes apportò importanti modifiche in previsione di una conferenza da tenersi a Madrid in giugno 1930, aggiungendo uno specifico riferimento alla Grande Depressione imminente. La versione finale del saggio venne inclusa negli Essays in Persuasion di Keynes nel 1931.
Nel 1930, Keynes era convinto che lui e i suoi contemporanei stessero assistendo a una crisi economica profondissima. Il 1° maggio scrisse su ‘The Nation’: «Il fatto è – un fatto di cui il grande pubblico non si è ancora reso conto – che adesso ci troviamo nel mezzo di una gravissima recessione internazionale, una recessione che sarà storicamente ricordata come la più acuta mai registrata. Per uscire da una depressione di tale entità non serviranno movimenti quasi passivi dei tassi d’interesse ma una politica estremamente attiva e determinata». (Harrod 1972). Malgrado le difficoltà di quel tempo, Keynes aveva contestato la “crisi di pessimismo economico” prevalente in quel momento in molti ambienti economici e non aveva avvertito la necessità di cambiare il suo atteggiamento positivo riguardo alle prospettive a lungo termine che il capitalismo avrebbe dovuto riservare. Infine, nel 1931, decise di includere Possibilità economiche nella sua raccolta di Essays in Persuasion.
Possibilità economiche contiene tre elementi d’attualità: una descrizione straordinariamente moderna delle determinanti della crescita economica, una serie di previsioni sui tenori di vita e sulle abitudini lavorative da lì a cento anni (cioè, nel 2030), e alcune congetture sui futuri stili di vita delle persone, basate sulla sua filosofia morale e visione estetica. Il lettore contemporaneo resterà sorpreso nel constatare quanto precise si siano rivelate alcune delle sue previsioni riguardo ai livelli di reddito e quanto egli abbia mancato il bersaglio con le sue ipotesi relative agli orari di lavoro e agli stili di vita futuri. Proprio a questo riguardo, Keynes aveva predetto che, entro il 2030, i nipoti della sua generazione sarebbero vissuti in uno stato di abbondanza, appagati e finalmente liberi di dedicarsi alle arti, alle attività ludiche e alla poesia, essendosi affrancati da attività economiche come il risparmio, l’accumulazione di capitale e il lavoro.
Fatti salvi il tangibile sviluppo economico registrato tra il 1930 e oggi, per non parlare degli eccezionali risultati ottenuti in campi come medicina, biochimica, trasporti, informatica e telecomunicazioni, attualmente non c’è niente che risulti più lontano dal mondo ipotizzato da Keynes (sebbene ci separino ancora venticinque anni dal momento in cui dovrebbe avverarsi la sua profezia). I nipoti di Keynes sono ricchi davvero e ancora più ricchi di quanto egli avesse previsto, eppure devono ancora risparmiare, accumulare capitale, lavorare per molte ore e non danno l’impressione di aver raggiunto la sazietà nei consumi. Quindi, come è possibile che un uomo dell’intelligenza di Keynes, profondo conoscitore dell’economia e della società, abbia saputo predire così precisamente il futuro dello sviluppo economico e del miglioramento del tenore di vita e sbagliare così clamorosamente nel capire le tendenze future del lavoro e del tempo libero, dei consumi e del risparmio?