Prevedo la spoliticizzazione completa dell’Italia: diventeremo un gran corpo senza nervi, senza più riflessi. Lo so: i comitati di quartiere, la partecipazione dei genitori nelle scuole, la politica dal basso… Ma sono tutte iniziative pratiche, utilitaristiche, in definitiva non politiche. La strada maestra, fatta di qualunquismo e di alienante egoismo, è già tracciata. Resterà forse, come sempre è accaduto in passato, qualche sentiero: non so però chi lo percorrerà, e come.
(Pier Paolo Pasolini, 1975)
Non sono certo il primo a dire che Pier Paolo Pasolini aveva già capito tutto, e che ci aveva indicato la strada che avremmo imboccato. A pochi mesi dalla sua tragica morte, nell’intervista a Luisella Re uscita su “La Stampa”, alla domanda diretta «Ha qualche previsione per il futuro?», rispose che ne aveva paura. Non poteva conoscere gli strumenti dei nostri giorni – computer, internet, social network – ovviamente. Ma conosceva perfettamente l’essere umano. E sapeva dove sarebbe andato a cacciarsi. Lui aveva di fronte a sé il consumismo e la televisione. E alla fine, cos’è l’oggi se non l’evoluzione di quel passato attraverso altri strumenti tecnologici?
Pensiamo, quindi, all’oggi, al momento che stiamo vivendo, alla nostra clausura, a ciò che connota ormai l’essere umano quasi ovunque, dalle campagne subsahariane alle steppe asiatiche, dalle grandi città occidentali ai paesini in legno e carta di riso delle montagne interne dell’Hokkaido: la connessione attraverso i social network. Quasi tre miliardi di utenti hanno un profilo Facebook, un miliardo e mezzo Twitter, oltre a Instagram e agli altri a seguire (Papini, 2019; We Are Social, 2020). In questi due mesi di segregazione chiunque di noi avrebbe potuto sperimentare e capire la concretezza del pensiero pasoliniano, anche se applicato, a quarantacinque anni di distanza, a una società solo all’apparenza diversa dalla sua. Due mesi in cui avremmo potuto guardarci finalmente allo specchio e iniziare a riconoscere in noi i segni di una patologia sociale degenerativa e cronica.
Ma, purtroppo, non bastano certo due mesi per disintossicarci dalla transrealtà in cui siamo rimasti immersi per tutti questi anni. Soprattutto se continuiamo a essere bombardati a reti unificate dagli stessi messaggi. Urlatori e pensatori certificati ISO 9000 che ci martellano quotidianamente, asserendo che il cielo è verde: alla fine ci convinceremo che il cielo è verde, anche se lo vediamo azzurro. Basterà qualche esempio: il dibattito sul “premier” non eletto dal popolo, che contiene almeno due falsità, perché nel nostro ordinamento costituzionale non esiste la figura del premier e non lo si elegge direttamente; la presunta invasione dei clandestini dal Nord Africa, altra doppia falsità poiché i migranti non si configurano giuridicamente come clandestini, né sono invasori; i numeri sui contagiati e i deceduti a causa del Sars-CoV-2 che per due mesi sono stati dati per certi nella liturgia serale a reti unificate e che sono stati – nella migliore delle ipotesi – palesemente sottostimati (Brugnoli et al., 2020).
Ciascuno di noi trova conforto nella propria echo chamber, luogo virtuale in cui ci vengono ripetute solo cose a cui noi già crediamo e che ci sembrano rassicuranti (cfr. Cinelli et al., 2020). I nostri gruppi social, le nostre trasmissioni televisive, i nostri anchor men preferiti, il nostro linguaggio riconoscibile, complice, esclusivo. Ciascuno di noi ha bisogno di sentirsi accettato, che le proprie idee siano condivise, che esistano persone con le quali è possibile dialogare ed essere d’accordo su un tema che si reputa fondamentale. Ed è gratificante, in un mondo estremamente competitivo, vincere facile, sentirsi parte di una comunità con cui si condivide la stessa idea. L’errore è indulgervi troppo o esclusivamente, negare il confronto, tapparsi le orecchie e gli occhi perché non si riesce a capire, perché troppi sono gli stimoli da elaborare.
La realtà è complessa e frammentata, solo l’articolazione del pensiero e l’uso di un lessico coerente sono in grado di descriverla ed eventualmente anticiparla. La vecchia diatriba tra il linguaggio tecnico (solo per iniziati) e quello della divulgazione delle idee adatto a un maggior numero di lettori è sempre la stessa ed entrambe le parti hanno le loro ragioni e i loro torti, soprattutto se una abusa della propria posizione. A volte però è indispensabile usare un vocabolario specifico, cercando magari, se possibile, di sciogliere la complessità di un passaggio. Ad esempio, l’uso del metodo scientifico, del rasoio di Occam, la conoscenza del linguaggio matematico e soprattutto delle sue ricadute sul reale sono strumenti imprescindibili per riuscire a cogliere la complessità dei fenomeni di oggi. Anche il caos può possedere luoghi privilegiati dov’è possibile una qualche forma di prevedibilità, luoghi chiamati attrattori (strani, o di Lorenz), ma bisogna sapere che esistono prima ancora di sapere come trovarli. L’uso del lessico filosofico e la conoscenza dei fondamenti della disciplina sono anch’essi imprescindibili per sperare di conoscere e ri-conoscere la transrealtà in cui siamo immersi oggi.
Definiamo allora la transrealtà. Uno dei modi per descriverla è, banalmente: modern warfare, arte bellica contemporanea. Un altro si può trovare nelle pagine di Byung-Chul Han (2016), a proposito di Psicopolitica, ma anche in tutta la sua produzione precedente. Oppure: bunker sociale. Insomma, topologicamente, un luogo in cui la patologia sociale ha prodotto leggi e interpretazioni del mondo che sono alterazioni cancerose del reale. Prendiamo il caso dei no-vax (ma potrebbero andar bene i neoborbonici, i terrapiattisti, i teorici del complotto, sino ad arrivare ai solitari esecutori di stragi di matrice jihadista nel nord Europa). Sono persone che, immerse in una realtà così complessa e che restituisce segnali e informazioni contrastanti, non sono più in grado di mantenere il controllo del sé nel reale e iniziano a costruirsi un ambiente transreale dove far combaciare artificiosamente tutti i pezzi del puzzle, forzandoli sino al punto da far comparire il quadro che loro stessi auspicano. Questa è una delle patologie sociali più comuni, oggi, una forma schizoide zeppa di paranoie, pensieri disorganizzati, addirittura allucinazioni.
I teoremi sul complotto appartengono ai disturbi paranoici, l’analfabetismo funzionale genera pensieri disorganizzati e amplifica il rumore di fondo mascherando direttamente le azioni manipolatorie sui bit di informazione. Informazione che oggi vola, letteralmente, come il pensiero. Ed esattamente come quello può essere taciuta o urlata, ripetuta o nascosta, deviata, manipolata, soppressa o esaltata. Ogni frammento di informazione, il bit, esiste di per sé, ma è solo assieme a tutti gli altri che assume significato. Quando però si aumenta artificialmente il numero delle informazioni e la loro frammentazione sino a farle diventare un tutto indistinto, anche il bit di informazione si perde in mezzo a un rumore di fondo che impedisce di cogliere il vero dal falso, la realtà dall’invenzione, la colpa dal dolo. Ciò consente a ciascuno di noi, in assenza di una direzione certa, di costruirsi una propria bussola con cui provare a solcare il mare che consideriamo reale, ma è solo una porzione virtuale di esso, spesso distorta, transreale appunto.
La necessità di un altro-mondo, che è un tema fondamentale per i cultori della fantascienza, emerge come una sorta di terapia per il dolore sociale. Oggi, questo medicamento miracoloso può facilmente prendere la direzione della virtualità, della realtà parallela, amplificata. Il virtuale offre uno strumento poderoso per restituire frontiere fasulle, posticce. Lo strumento elettronico iperrealistico in grado di simulare altri-mondi agisce come sostanza stupefacente nell’organismo di uno schizofrenico. L’universo di Matrix ne è un esempio: talmente evocativo e attraente da diventare iconico e addirittura soggetto per teorie del complotto (Paura, 2017). In questo scenario i media tradizionali, mainstream, dovrebbero essere i fari, i punti di riferimento in grado di guidarci al di fuori da questi sargassi che impediscono la navigazione. Purtroppo questi media, veri news-maker, si inquadrano perfettamente, invece, come pusher che forniscono sostanze-alibi per perpetuare il viaggio, il trip, della società schizoide nella sua transrealtà. Basta accendere la televisione su uno qualsiasi dei telegiornali o dei talk show in onda costantemente tutti i giorni a tutte le ore e mettere a confronto notizie, false notizie, interpretazioni, opinioni, sentito dire, servizi costruiti, deep fake eccetera. L’esperienza comune è l’intossicazione.
L’aver coniato un neologismo come infodemia, che Treccani definisce “circolazione di una quantità eccessiva di informazione, che rende difficile orientarsi su un argomento” non significa aver identificato il problema di base e aver fatto una diagnosi. Significa solo aver trovato un termine adeguato a sostituire overdose nel linguaggio figurato.
Torniamo quindi al punto iniziale: come disintossicarci? Possibile che nemmeno la realtà in cui siamo calati, fatta di morti e contagiati, di serrate e confinamento, di riduzione delle libertà individuali e di delazioni, di abusi di potere e menzogne, di dati falsi e tendenze irrealistiche, di promesse roboanti e false certezze sia sufficiente a farci rendere conto della patologia? Nemmeno il dolore (sociale) è sufficiente? Certo, dall’altra parte abbiamo pusher che sanno fare benissimo il loro lavoro, e che posseggono sostanze in grado di narcotizzare ogni dolore, e con l’effetto collaterale di anestetizzare anche la capacità critica e autocritica. Ma non è troppo anche in questo caso?
Se non prendiamo coscienza di noi e di dove siamo immersi, la risposta è no. Perché ormai tutto l’assetto politico mondiale, senza differenza se democratico o no, si appoggia sulla necessità del mantenimento di questo stato sociale schizoide controllato attraverso una farmacopea virtuale costante. La transrealtà è l’obiettivo primario delle democrazie contemporanee. Ormai archiviata per sempre la stagione della dialettica delle idee per orientare, convincere e strutturare l’elettore, si è giunti a una via più facile per ottenere il consenso: l’utilizzo dello sharp power. Con lo sharp power il raggiungimento dello stato transreale per il cittadino elettore nelle democrazie moderne è ormai un consolidato (Bechis, 2019).
Come viene fatto? Iniziando a strutturare negli Stati democratici opportune task force dedicate al sockpuppeting ad esempio. Attraverso la creazione continua di profili fake (sockpuppets) vengono commentate, condivise e taggate delle fake news costruite a tavolino, con l’obiettivo di moltiplicare la loro diffusione anche grazie a bot dedicati, farle salire nelle categorie dei trend topics e attivare così l’attenzione del giornalismo mainstream facendole diventare di dominio pubblico, oggetto di discussione anche al di fuori della rete (cfr. Elsner, 2013). I social network, per questo, sono terreno di caccia, vere e proprie savane dove l’erbivoro (cittadino elettore, privo di appartenenza a qualsivoglia classe sociale) è predato dal carnivoro (cittadino eletto, appartenente alla classe politica). Facebook per gli over-35enni e Instagram per i neomaggiorenni. Il debunking viene usato in modo bivalente: sia per contrastare la manipolazione delle informazioni che arrivano dall’esterno, sia per manipolare direttamente quelle a uso interno (cfr. Wardle e Derakhshan, 2017). Il ruolo dei social media manager è quello di rendere queste operazioni di debunking attrattive, giungendo al Robin Hood Debunking (no-vax, ad esempio).
Nuove religioni, nuovi dei, nuovi sacerdoti e nuovo clero. I nuovi preti in epoca transreale sono i professionisti della rete, i social media manager. Il loro ruolo è assimilabile a quello di pastore, veicolo del verbo, interprete della volontà della rete, custode delle verità e narratore e testimone di miracoli (fake news). L’obiettivo dei nuovi preti è quello di pilotare i cittadini elettori conducendoli nel recinto a loro assegnato, attraverso l’uso delle informazioni nella combinazione vero – falso – falso nel vero.
Una presa di coscienza è diventata ora più che mai necessaria per riuscire a imboccare una via d’uscita da questa trappola. Ma da sola non è sufficiente, perché se è vero che l’analisi e la capacità critica non mancano sicuramente a chi si occupa di questi temi quotidianamente, è altrettanto vero che la maggior parte degli utenti di Internet invece ne è priva. In questi tempi dominati dalla pandemia si è potuto apprezzare plasticamente come l’uso dei dati e della tecnologia possano essere manipolabili, interpretabili (paradossalmente) e anche falsificabili.
Come scrive Vittorio Emanuele Parsi nel suo ultimo lavoro Vulnerabili (2020), da una situazione come quella di oggi ne usciremo attraverso tre scenari: una Restaurazione, una fine Impero o un Rinascimento. I primi due non prevedono e non ritengono necessaria una presa di coscienza, perché la permanenza della transrealtà è strumentale a loro fini. Il terzo, probabilmente quello più auspicabile ma allo stesso tempo più difficile da realizzarsi, necessita però di una diffusa consapevolezza e di un cambio di paradigma politico, sociale ed economico.
Lo sforzo che tutti noi dovremo compiere sarà quello di far emergere questo altro-mondo virtuale che ha soppiantato il reale, operare per creare consapevolezza e lavorare perché le cause primarie dell’inoculazione della transrealtà nelle nostre vite vengano limitate, anche attraverso un’azione politica che cambi decisamente rotta.
Altrimenti ci ritroveremo nel peggior incubo che Pasolini ebbe finché visse.
Bibliografia
- Bechis F., Via della Seta, parla Joseph Nye: attenzione allo sharp power cinese, “Formiche”, 14 marzo 2019.
- Brugnoli E., Schmidt A.L., Grassucci E., Scala A., Quattrociocchi W., Zollo F., Il dibattito pubblico sui social media, AGCOM, 2020.
- Byung-Chul H., Psicopolitica, Nottetempo, Roma. 2016.
- Cinelli M., De Francisci Morales G., Galeazzi A., Quattrociocchi W., Starnini M., Echo Chambers on Social Media: A comparative analysis, arXiv, 20 aprile 2020.
- Elsner K., China Uses an Army of Sockpuppets to Control Public Opinion – and the US Will Too, “Guardian Liberty Voice”, 27 novembre 2013.
- Papini A., Global Digital Report 2019: tutte le statistiche social da conoscere, Studio Samo, 6 febbraio 2019.
- Parsi V.E., Vulnerabili: come la pandemia cambierà il mondo, Piemme, 2020.
- Paura R., La singolarità nuda, Italian Institute for the Future, Napoli, 2017.
- Re L., Il nudo e la rabbia, intervista a Pier Paolo Pasolini, “La Stampa”, 9 gennaio 1975.
- Wardle C., Derakhshan H., Information disorder: Toward an interdisciplinary framework for research and policy making, Council of Europe, ottobre 2017.
- We Are Social, Digital 2020 Italia, 2020.