Umanisti e scienziati sociali si stanno chiedendo se sia giunto il momento di rimodellare i propri campi di ricerca adottando non più un orientamento fondato sullo studio del passato, quanto uno orientato verso il futuro. Tra i recenti sviluppi, meritano una particolare menzione i lavori di Seligman, Railton, Baumeister, e Sripada (2013), Beckert (2013b), Appadurai (2013), e Wright (2010).
Ex-presidente della American Psychological Association, Seligman ha recentemente proposto “l’incipiente scienza della prospezione” con lo scopo di cambiare la psicologia, capovolgendo l’approccio dell’intera disciplina. Il lavoro di Seligman ha la natura di un vero e proprio cambio di paradigma ed è destinato a scatenare accese discussioni.
Mentre la prospezione è una caratteristica onnipresente nella mente umana, gran parte della teoria e della pratica psicologica intende l’azione umana come determinata dal passato. Secondo la psicologia mainstream, l’anticipazione è una «violazione della legge naturale in quanto il futuro non può agire direttamente sul presente» (Seligman et al., 2013). In realtà «la prospezione non comporta alcun nesso di causalità a ritroso; piuttosto, è guidata non tanto dal futuro in sé quanto dalle attuali rappresentazioni valutative di possibili stati futuri». Mentre «guardare agli atteggiamenti come guidati dal passato è sempre stata una potente chiave interpretativa della psicologia in quanto scienza… evidenze accumulate in una vasta gamma di aree di ricerca suggeriscono di cambiare tale chiave interpretativa e di vedere la navigazione nel futuro come un principio organizzatore fondamentale del comportamento animale ed umano». Infatti, se il futuro diviene un fondamentale principio organizzativo della mente, il passato deve recedere dall’essere una forza determinante di bisogni ed obiettivi e diventare una mera risorsa dalla quale gli agenti «selettivamente estraggono informazioni concernenti le situazioni che di volta in volta si trovano a fronteggiare. Queste situazioni, o prospettive, possono includere non solo possibilità che sono già occorse in passato, ma anche possibilità che non si sono mai verificate». Inoltre, «il successo o fallimento di un’azione in corso di svolgimento rispetto alla sua prospezione non condurrà semplicemente alla soddisfazione o frustrazione ma al mantenimento o alla revisione del processo valutativo che guiderà la prossima azione».
Cambiando il focus dal passato al futuro, l’intera struttura concettuale della psicologia deve cambiare, dal momento che «in ogni dato istante, l’abilità di un individuo di migliorare le proprie possibilità di sopravvivenza e riproduzione dipende dal futuro piuttosto che dal passato… apprendimento e memoria, allo stesso modo, dovrebbero essere riprogettate seguendo queste linee guida. Tali capacità orientano attivamente l’individuo verso ciò che lo attende e dovrebbero suggerire informazioni vitali per la corretta valutazione del da farsi». Infine, il focus sulle aspettative aiuta a riconsiderare il ruolo dell’esperienza passata, la quale cessa di essere vista come una forza direttamente condizionante l’atteggiamento delle persone e diviene informazione su un futuro plausibile. «Scegliere ora ha senso… ampliandosi ben al di la dell’esperienza attuale e dando la possibilità agli individui – qui Seligman parla dei topolini bianchi usati negli esperimenti ma in realtà le conclusioni si possono generalizzare – di poter improvvisare opportunisticamente dinanzi agli ostacoli». In effetti, «c’è più dell’improvvisazione opportunistica, ovvero, la ricerca (esplorazione) attiva e selettiva di informazione». Non vi è bisogno di vedere le aspettative come meri processi consci. Infatti, «generare simulazioni del futuro può essere una attività consapevole, ma è tipicamente un processo implicito…spesso non accessibile all’introspezione e apparentemente manifestantesi in maniera spontanea e continua».