In apertura: Distribuzione della ricchezza mondiale (fonte: Worldmapper)
La popolazione mondiale sta crescendo: secondo le analisi e previsioni delle Nazioni Unite ha raggiunto i 3 miliardi di persone negli anni Sessanta, quasi i 7 miliardi nel 2010 e nel 2050 si stima raggiungerà oltre i 9 miliardi, triplicando in poco meno di un secolo. I paesi sviluppati vedono aumentare la popolazione lievemente, mentre i paesi in via di sviluppo da poco meno di 2 miliardi nel 1950 raggiungeranno gli 8 miliardi nel 2050 (cfr. l’articolo di Daniela Porpiglia in questo numero). La popolazione urbana è in drammatica crescita, tanto che si è stimato che nel 2010 circa 3,5 miliardi di persone vivevano in zone urbane: per la prima volta nella storia più del 50% della popolazione mondiale vive in aree urbane. Nel 2050 oltre 6 miliardi di persone, circa il 70% della popolazione, vivranno in aree urbane; nel 1950 questa proporzione era il 30%.
Per ciò che concerne le migrazioni, le regioni meno sviluppate dal 1950 al 2010 hanno avuto emigrazioni costanti verso le aree più sviluppate, raggiungendo ben oltre i 15 milioni di persone nel 2010 (UNEP, 2011). Per queste regioni si prevedono flussi in uscita crescenti, anche se a un tasso decrescente rispetto al passato. Le previsioni indicano che nel 2050 il flusso di persone verso le regioni più avanzate sarà di circa 12 milioni (con un decremento del 20% rispetto al 2010). Per contro, le regioni sviluppate hanno registrato fino al 2010 un flusso migratorio positivo con incremento costante e speculare a quello delle regioni meno sviluppate e le previsioni confermano tale andamento. Le migrazioni hanno un impatto sul capitale umano, sul sistema economico e sull’ambiente dei paesi.
La crescita economica mondiale, misurata in termini di tasso di crescita del PIL, oggi più che in passato mostra una grande incertezza accentuata dalla crisi del 2008-2009. Tradizionalmente il benessere economico si identifica con il reddito prodotto, cioè con la produzione lorda di beni e servizi dei paesi. I dati del Fondo Monetario Internazionale (IMF, 2013) sul PIL reale mostrano che nel periodo 1980-2010 l’economia mondiale è cresciuta in media del 3,2% annualmente. I paesi sviluppati hanno mostrato una crescita media del 2,6% all’anno, mentre Cina e India sono avanzate rispettivamente del 10% e del 6% nello stesso periodo. Sebbene i paesi in via di sviluppo, nel loro complesso, abbiano rappresentato la parte più ampia della crescita del PIL mondiale, alcune regioni dell’Africa sono rimaste indietro, a causa delle barriere commerciali nei mercati agricoli che ostacolano la loro crescita. Le proiezioni del PIL fino al 2050 indicano un incremento di quasi quattro volte, in linea con gli andamenti passati. Nelle proiezioni la crescita del PIL viene fatta dipendere dalla dinamica della popolazione (struttura per età), dalla partecipazione della forza lavoro (capitale umano, partecipazione e disoccupazione della forza lavoro), dall’urbanizzazione, dall’uso di energia e del suolo. Nel 2050 i paesi sviluppati avranno un peso sull’economia globale che diminuirà dal 54% nel 2010 a meno del 32%, mentre i BRIICS (Brasile, Russia, India, Indonesia, Cina e Sudafrica) avranno un peso crescente fino a raggiungere il 40%. Il PIL degli Stati Uniti, che sono stati la più grande economia del mondo, nelle proiezioni è stato sorpassato da quello della Cina nel 2012. La crescita del PIL della Cina e dell’India sarà meno veloce, ma sempre in aumento e ben al di sopra della media dei paesi sviluppati. L’Africa vedrà un’alta crescita economica tra il 2030 e il 2050, pur rimanendo il continente più povero. Nel 2050 più della metà del PIL mondiale sarà prodotto nelle regioni definite oggi emergenti e in via di sviluppo, mentre il loro peso nel 2010 era di un terzo, guidato dalla dinamica della popolazione, dall’ulteriore globalizzazione dei mercati e dall’innovazione tecnologica.