Uno dei trend più rilevanti a livello mondiale, che non possiamo permetterci di ignorare, è quello relativo all’invecchiamento della popolazione. Se si guarda all’orizzonte del 2050, le statistiche dell’ONU prevedono oltre 2 miliardi di over-60 nel mondo, di cui 311 milioni di over-80. Il numero di ultracentenari, attualmente intorno al mezzo milione, raggiungerà nel 2050 i cinque milioni. L’Italia, in questo scenario, per una volta si trova in vetta alla classifica: dopo il Giappone, già oggi il nostro è il paese con la popolazione più anziana del mondo. Il numero di over-60 italiani è intorno al 21% e raggiungerà, nel 2050, il 38,5%. Il problema della ageing society, come oggi viene definito a livello internazionale, richiede soluzioni radicalmente innovative per evitare che questa tendenza si trasformi in un problema dalle conseguenze drammatiche. Tutti siamo soddisfatti della possibilità di vivere più a lungo. Da diversi decenni a questa parte, l’età media aumenta di un anno ogni quattro. L’Italia è già tra i paesi con la speranza di vita più alta al mondo, 82 anni, e tutto fa credere che questa tendenza proseguirà nei prossimi anni in tutto il pianeta, grazie alle migliori condizioni di vita, alla maggiore attenzione dedicata all’alimentazione e al benessere, e soprattutto ai progressi costanti della medicina e delle tecnologie biomediche.
Una società che invecchia è tuttavia, di per sé, un problema. Il nostro welfare, pur con tutte le riforme (impopolari) che possiamo immaginare, difficilmente riuscirà a sostenere un aumento costante della spesa per le pensioni e per la sanità, già oggi particolarmente alta in Italia. Il 2015 ha confermato la preoccupante tendenza di un paese che non gode più dei tassi di natalità di un tempo e che ha registrato il numero minimo di nuove nascite da che esistono le statistiche. Il rapporto lavoratori attivi/pensionati è sempre più vicino alla parità: se fino a qualche decennio fa c’erano quattro lavoratori attivi contro un pensionato, nei prossimi anni questo rapporto sarà di uno a uno. È evidente che in tal modo la sostenibilità del sistema pensionistico verrà meno. Un mondo di anziani richiede cure sanitarie costanti e costose, che in alcuni paesi, come gli Stati Uniti, potrebbero diventare accessibili solo ai più ricchi, producendo pericolose discriminazioni sociali, mentre in altri – come l’Italia – faranno schizzare verso l’alto i conti pubblici.
Sono tutti dati che i decisori politici conoscono (o dovrebbero conoscere) da tempo. Non esiste una soluzione semplice a problemi tanto complessi, e certamente non la si potrà trovare nelle politiche fin qui adottate. La rivoluzione nell’approccio al problema della ageing society dovrà essere di tipo tecnologico: è quella prevista dalla medicina delle 4P, ossia una medicina predittiva, personalizzata, preventiva e di precisione. Gli Stati Uniti hanno iniziato a muoversi in questo senso con determinazione, a partire dalla Precision Medicine Initiative lanciata dal presidente Obama nel gennaio 2015 nel corso del suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione: l’obiettivo è di mettere al servizio della medicina le nuove tecnologie della data analysis, per realizzare cure personalizzate basate sulla genomica al fine di riuscire a sconfiggere malattie che vanno dai tumori all’Alzheimer, dal diabete alle cardiopatie fino alle malattie genetiche rare. Nel corso del 2016 il governo americano ha messo a disposizione 215 milioni di dollari, destinati ai National Institutes of Health e al National Cancer Institute, per sviluppare l’infrastruttura tecnologica e di ricerca medica necessaria a realizzare l’obiettivo.
È in questo contesto che dev’essere letta la decisione del governo italiano di destinare l’area Expo al progetto denominato “Human Technopole – Italia 2040”, affidato all’Istituto Italiano di Tecnologia. Per la prima volta, l’Italia si dimostra all’avanguardia nella scelta di destinare fondi consistenti, pari a 150 milioni di euro l’anno per dieci anni, a un progetto avveniristico per realizzare quella medicina delle 4P che per il nostro paese è un’autentica priorità, se vuole conservare nei prossimi decenni i livelli d’eccellenza del sistema sanitario in uno scenario caratterizzato da un crescente invecchiamento della popolazione. L’obiettivo, ambizioso, è di mettere a disposizione della nostra società le risorse scientifiche e tecnologiche necessarie per un invecchiamento attivo, che consentano agli over-60 di mantenersi in forma per decenni, continuare a essere produttivi (al di là del contesto lavorativo), pesare di meno sui sistemi assistenziali, spostare più avanti negli anni il concetto di “vecchiaia”, affinché anche una futura società di ultra-centenari non diventi un peso ma una risorsa.
Il progetto di Human Technopole si basa sulla genomica come strategia per affrontare le malattie oncologiche ed auto-immuni, l’invecchiamento e le malattie infiammatorie. L’obiettivo è di sviluppare una medicina basata sui profili genetici di ogni paziente, al fine di creare terapie personalizzate e più efficaci. Oggi sappiamo che il 90% dei farmaci risulta inefficace per una percentuale di pazienti tra il 30 e il 50%. Ciò dipende dal fatto che le risposte immunitarie dipendono dal profilo genetico, e farmaci non profilati possono rivelarsi inutili per molti pazienti; da qui l’esigenza, innanzitutto, di mappare il genoma di ogni paziente, un obiettivo fantascientifico ancora dieci anni fa, ma oggi reso possibile dagli sbalorditivi progressi tecnologici che hanno prodotto un crollo verificale nei costi di sequenziamento genetico. Per riuscirci occorrono comunque tecnologie avanzate in grado di gestire enormi moli di dati, e qui entra in gioco il nuovo settore dei big data: lo Human Technopole si doterà di un centro di Data Science e di un centro di Computational Life Sciences, in grado di trattare questi dati attraverso algoritmi che possano aiutare i medici nello sviluppo delle terapie più efficaci, e di realizzare modelli informatici avanzati per simulare l’interazione tra nuove molecole prodotte in laboratorio e strutture biologiche come quelle dell’organismo umano, così da prevedere gli effetti benefici di nuovi famaci. La scelta del progetto di dotarsi di infrastrutture di ricerca sull’alimentazione è particolarmente importante perché consente di portare avanti le nuove ricerche relative al modo in cui gli alimenti interagiscono con il nostro organismo a livello molecolare e genetico. Di grande rilievo appare inoltre la decisione di creare un centro di “Analisi, decisioni e società”, che sviluppi nuovi strumenti matematici, statistici e computazionali da mettere a disposizione non solo della ricerca medica, ma anche dei decisori politici, affinché possano disporre di previsioni affidabili per elaborare le future politiche sanitarie ed economico-sociali. Fin dalla sua nascita, l’Italian Institute for the Future sostiene l’importanza di sviluppare la nuova “scienza della previsione” a favore di sistemi di governo in grado di anticipare i cambiamenti sociali e affrontarli per tempo.
Le critiche relative al progetto dello Human Technopole, su cui oggi si concentra l’attenzione mediatica, non riguardano gli obiettivi, ma la sua governance. La scelta del governo di affidare l’attuazione del progetto all’Istituto Italiano di Tecnologia, ente di diritto privato, è sembrata a molti uno sgarbo alla ricerca pubblica italiana in un momento in cui la drammatica riduzione dei fondi e l’incapacità di riformare un sistema che porta i suoi giovani ricercatori a emigrare in massa verso altri paesi richiedono la massima attenzione, da parte della politica, per una riforma del sistema di ricerca pubblico. Senza dubbio, tuttavia, gli ambiziosi e importanti obiettivi dello Human Technopole, che non possiamo non condividere, richiedono una governance efficace e produttiva, per evitare che il progetto si riveli solo un’operazione di maquillage, come l’ha definita la senatrice a vita Elena Cattaneo. Se davvero il governo italiano vuole dimostrare di poter tornare ad essere all’avanguardia nella ricerca e nello sviluppo di soluzioni in grado di adattare la nostra società ai grandi cambiamenti che ci attendono, un significativo aumento di investimenti nella ricerca di base e una seria, radicale riforma del sistema di ricerca pubblico italiano rappresentano le condizioni imprescindibili perché, sul lungo termine, il progetto Human Technopole non si trasformi nell’ennesima cattedrale nel deserto.