Non un’evoluzione lineare: dispersione urbana e dispositivi mobili
La prefigurazione dell’anno 2030, che le Nazioni Unite hanno adottato come orizzonte temporale per i loro Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, implica, per dirla con l’urbanista Bernardo Secchi (2013), un “estremo sforzo di immaginazione” che ci permetta di cogliere aspetti della vita quotidiana che non siano desumibili come un progresso cumulativo del presente. Occorrerebbe delineare fin da oggi la fisionomia dello spazio pubblico della città senza pensare che esso si presenterà come un’evoluzione lineare di quello attuale o un ritorno a quello passato. A nostro avviso, caratteristica originale tra altre congetturabili sarà la sua restituzione all’opacità. Per opacità si possono intendere diverse forme di mancanza di trasparenza; qui interpreteremo l’opacità in modo restrittivo, facendo riferimento esclusivamente a certi aspetti della dispersione urbana e all’uso dei dispositivi mobili, quindi come un’impossibilità di accedere alle informazioni sensibili contenute nei nuovi dispositivi che ciascuno utilizzerà nel futuro, e come diffusione e frammentazione sul territorio di individui e famiglie per ottenere il massimo di distanza dal prossimo, due fenomeni strettamente correlati.
Emancipazione dalla libertà intesa come sfruttamento e autosfruttamento
Quanto ai dispositivi riteniamo che non sarà attraverso di essi che si raggiungerà l’opacità, perché a ogni passo in avanti verso la protezione e la sicurezza dei dati sensibili si fa un passo in avanti, allo stesso tempo, nel loro aggiramento. Nell’attuale momento storico chiunque abbia uno smartphone può accedere ad applicazioni che permettono in modalità relativamente semplici, nello spazio pubblico, l’intrusione nei dati sensibili contenuti nei dispositivi altrui. Tale situazione di trasparenza generalizzata tra privati può essere utilizzata per avere una vita più ricca di incontri e relazioni, ma è pericolosa nella misura in cui mette a rischio il concetto più autentico di libertà personale.
Sosteniamo con Han (2014, 2016) che la libertà sia divenuta una forma di sfruttamento e autosfruttamento a causa di una condizione della vita associata che richiede sempre un sovrappiù di performance, un sovrappiù che sarebbe irrealizzabile senza i dispositivi mobili. Va allora individuata una forma di libertà personale che possa essere in futuro una condizione di liberazione da tale forma di sfruttamento e autosfruttamento.