Una società ad alta soggettività
La questione dell’anticipazione sta entrando sempre più al centro dell’attenzione nell’ambito degli studi relativi al governo dei sistemi e delle istituzioni sociali, come testimonia la diffusione di modelli e concetti, come quelli di governance anticipatoria (Barben et al., 2008; Fuerth, 2011; Poli, 2012; Ramos, 2014; Guston, 2014), governance riflessiva (Voß e Bornemann, 2011; Brousseau, Dedeurwaerdere e Siebenhüner, 2012), gestione della transizione (Rotmans e Loorbach, D., 2009; Loorbach, 2010), governance dinamica (Siong e Geraldine, 2007) o governance adattiva (Duit e Galaz, 2008; Pereira e Ruysenaar, 2012), che hanno, quale carattere distintivo, la rilevanza riconosciuta alla lettura anticipatoria dei processi sociali ed economici.
Questa tendenza si è resa visibile nel corso degli ultimi decenni, soprattutto in connessione con il passaggio dalla società moderna a una “nuova società” variabilmente definita come post-industriale (Bell, 1976), post-moderna (Lyotard, 1984), del rischio (Beck, 1992), reticolare (Castells, 1996), liquida (Bauman, 2000) o ad alta velocità (Rosa, 2010), solo per citare alcune delle tante espressioni utilizzate. L’elemento che caratterizza questo passaggio è costituito dall’indebolimento delle strutture sociali, cioè dei modelli dominanti di azione, di pensiero e di relazione sociale (Berger e Luckmann, 1966; North, 1990), e dal parallelo rafforzamento dell’agency individuale, vale a dire della capacità degli individui, singolarmente o attraverso forme associate, di assumere comportamenti e orientamenti cognitivi ed emozionali relativamente autonomi rispetto alle strutture sociali (Giddens, 1979; Archer, 2000; Barnes, 2000).
In passato per gli individui era difficile, personalmente doloroso e socialmente rischioso adottare comportamenti o modi di pensare non convenzionali, soprattutto a causa dei forti processi di interiorizzazione delle strutture sociali e del peso dei meccanismi di controllo sociale. A partire dagli anni Sessanta, l’equilibrio tra struttura e agency è cambiato radicalmente. Grazie alla maggiore istruzione, all’aumentato riconoscimento dei diritti sociali e politici, alla incrementata mobilità, all’accesso ai beni di consumo e a potenti tecnologie, un numero crescente di persone ha avuto una più ampia possibilità di “costruire” la propria vita parzialmente al riparo dalla influenza – fosse essa limitante o abilitante – delle strutture sociali.
Si può parlare, al riguardo, di un aumento della “soggettività sociale” (Quaranta, 1986; d’Andrea, Declich e Feudo, 2014), un concetto che si sviluppa su due diversi versanti, uno quantitativo e uno qualitativo. Sul primo versante, esso si riferisce alla quantità di energia umana complessivamente investita nella società. In sostanza, nelle società ad alta soggettività, anche grazie al fattore di moltiplicazione rappresentato dalle tecnologie, molte più persone sono in grado di fare, pensare o creare molte più cose, dando vita a configurazioni sociali molto più articolate e intense di quanto fosse nemmeno immaginabile in passato. Sul secondo versante, il concetto di soggettività sociale identifica un processo qualitativo di trasformazione degli individui che li porta ad assumere forme di gestione della vita personale, sociale e collettiva inedite rispetto al passato. Si pensi, al riguardo, alla forte tendenza degli individui alla self-disclosure (Lasch, 1980; Negreiros, 2010, Plummer, 2011), cioè a “mostrare se stessi” (opinioni, idee, atteggiamenti personali, sentimenti privati, aspetti intimi della vita, fino al proprio corpo) in ambienti pubblici o semipubblici (sia fisici che virtuali) o al profondo cambiamento nelle modalità di costruzione e di mantenimento dell’identità personale (Giddens, 1991; Barglow, 1995; Gergen, 1996).