Negli ultimi anni almeno tre grandi temi su cui si gioca la partita del futuro hanno dimostrato i limiti del presentismo, ossia di una politica che guarda al risultato immediato e non sostenibile sul lungo termine: il primo è la pandemia, che ha messo in chiaro tutte le contraddizioni della nostra civiltà (limiti dei sistemi sanitari, anziani trattati come un peso, modelli di convivenza e di lavoro insostenibili, pressione sugli habitat naturali); il secondo è il cambiamento climatico, che ciclicamente ci presenta il conto di una società che continua a rinviare scelte determinanti scaricando le conseguenze sulle generazioni a venire; il terzo è il piano Next Generation EU, tradotto in Italia nel PNRR, che se da un lato rappresenta un netto cambio di rotta rispetto alle politiche economiche del passato a livello europeo[1], dall’altro scarica nuovamente il peso di un debito pubblico insostenibile sui nostri figli e nipoti.
Nei paesi occidentali, le elezioni politiche mostrano una crescente polarizzazione generazionale del voto, con le coorti d’età più avanzate orientate verso le forze politiche di sistema e quelle più giovani verso i partiti anti-sistema[2]. Si tratta di un ritorno a un pattern già verificatosi negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, caratterizzati da un’accesa conflittualità sociale in parte motivata dall’insofferenza verso una rappresentanza politica diseguale, in termini di rappresentatività generazionale, che a lungo ostacolò le legittime aspirazioni dei più giovani verso un radicale cambiamento sociale e culturale[3]. A ciò si aggiunge il fatto che spesso il richiamo alle generazioni a venire è usato per legittimare scelte tecnocratiche che vanno generalmente a detrimento dei ceti meno abbienti, colpiti dai tagli lineari alla spesa o dalla privatizzazione del welfare; ciò da un lato allontana ulteriormente la propensione dei cittadini a scegliere politiche lungimiranti, dall’altro finisce per designare come “populiste” tutte le scelte che cercano invece di migliorare le condizioni dei più svantaggiati oggi, senza tener conto del fatto che politiche di autentica giustizia transgenerazionale dovrebbero essere volte a ridurre una delle maggiori cause delle disuguaglianze globali del presente, quella legata alle disparità di reddito.
Il concetto di giustizia intergenerazionale o di transgenerazionalità non è nuovo, ma sta assumendo un’importanza crescente in questi anni, indizio di una nuova consapevolezza riguardo la natura transgenerazionale delle sfide globali presenti e a venire. Il Rapporto Brundtland Our Common Future, adottato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite, oltre a introdurre il concetto di sviluppo sostenibile evidenziò anche che la sostenibilità si applica nei rapporti con le generazioni a venire, alle quali è necessario garantire risorse e possibilità non inferiori a quelle dei loro predecessori. Come si legge nel Rapporto Brundtland, prendiamo in prestito dalle generazioni future risorse e capitale naturale solo perché le generazioni future «non votano, non hanno potere politico o finanziario, non possono mettere in discussione le nostre decisioni»[4].
Questo atteggiamento non riguarda solo l’ambiente e il clima. Pressoché tutte le grandi sfide del XXI secolo richiedono politiche lungimiranti, mentre le istituzioni presenti soffrono di presentismo. Tali sfide, complesse e interdipendenti, richiederebbero responsabilità condivise non solo dal punto di vista internazionale, ma anche e soprattutto intergenerazionale. Viceversa, quello che facciamo è scaricare su coloro che verranno il compito di trovare delle soluzioni. Ma ciò non riguarda solo i nostri figli o nipoti non ancora nati: riguarda le generazioni che sono già qui e che si apprestano ad assumere responsabilità politiche, economiche e sociali con mezzi inferiori alla portata dei problemi che devono affrontare.
La crescita esponenziale del debito pubblico ha ridotto in modo destabilizzante prospettive e speranze di intere generazioni. La disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli record e, anche in quei paesi in cui i livelli di occupazione sono più alti, precarietà, sottoccupazione, inoccupazione, demansionamento sono la norma[5]. I giovani sono spinti ovunque verso l’iperflessibilità della gig economy, pensata per arrotondare gli stipendi e diventata in molti casi l’unica fonte di reddito.
L’invecchiamento della popolazione pone un’ipoteca insostenibile sul sistema di welfare occidentale, dal momento che il rapporto tra lavoratori e pensionati si riduce sempre di più e presto le entrate dalla tassazione sui redditi da lavoro saranno una quota marginale per coprire i costi del sistema pensionistico[6], per non parlare dei costi continuamente crescenti della sanità pubblica.
I ritardi nella transizione energetica costringeranno le nuove generazioni a sacrifici significativi per sostenere il passaggio dai combustibili fossili alle energie rinnovabili. Altrettanti sacrifici saranno richiesti per sostituire l’industria della plastica con materiali a impatto zero, ridurre i consumi di carne, le dimensioni degli allevamenti (anche per prevenire future zoonosi), l’impatto ambientale delle coltivazioni, la deforestazione, la produzione di rifiuti.
Tutto ciò senza contare le sfide tecnologiche più avanzate, quali lo sviluppo di nuove intelligenze artificiali e il loro impatto sul mercato del lavoro, che richiederanno sforzi significativi nel tenersi al passo per evitare di subire gli effetti della disoccupazione tecnologica, o il crescente potere delle grandi piattaforme, con la loro invasione della privacy e la destabilizzazione e possibile manipolazione dell’ecosistema mediatico. Che dire, poi, delle ambizioni spaziali dell’umanità, destinate a scontrarsi con la trasformazione dell’orbita terrestre in un’enorme discarica di rifiuti spaziali[7]? O della speranza di un significativo aumento dell’aspettativa di vita, messa a repentaglio dalla minaccia di superbatteri resistenti alle attuali terapie a causa della selezione naturale prodotta da un abuso indiscriminato di antibiotici[8]?
L’esigenza di una solidarietà transgenerazionale
Di fronte all’incapacità di stare al passo con l’accelerazione tecnologica e digitale, già oggi i più anziani sono pressoché tagliati fuori dallo sviluppo sociale, relegati alle periferie del presente. Il cinismo con cui spesso i decision-makers della politica, dell’imprenditoria e della società civile hanno chiesto, nel corso della pandemia di Covid-19, di dare priorità all’economia rispetto alle vite umane, sulla base del fatto che le vite da sacrificare sono quasi sempre quelle di persone definite “non indispensabili allo sforzo produttivo”, è la spia di un progressivo relegamento degli anziani ai margini della vita sociale. Uno scenario tanto più grave considerando la tendenza globale all’invecchiamento della popolazione.
Transgenerazionalità è il termine che designa il legame tra diverse generazioni[9]. Questo concetto va declinato in due modi diversi: il primo significato, che potremmo definire “transgenerazionalità futura”, implica una solidarietà tra le persone attualmente viventi – l’insieme delle generazioni presenti sulla Terra oggi – e quelle che verranno – le generazioni future; il secondo significato, che potremmo definire “transgenerazionalità presente”, implica un legame solidale tra le generazioni attualmente viventi. L’accelerazione dei cambiamenti sociali e l’aumento della speranza di vita hanno fatto sì che, oggi – fatto unico nella storia umana – ben sette generazioni convivano sul pianeta, ciascuna con un insieme di valori, idee e comportamenti diversi: dalla generazione dei Founders, che viaggia intorno ai cento anni, ai membri della generazione Alpha, nati a partire dal 2010[10]. Il divario che si è venuto a creare, anche a causa del ritmo esponenziale dell’innovazione digitale e tecnologica che impone flessibilità e adattabilità impensabili nei più anziani, fa sì che le generazioni tra loro più distanti parlino linguaggi e leggano il mondo con strumenti completamente diversi gli uni dagli altri.
Negli ultimi anni gli appelli affinché le legislazioni nazionali e internazionali incorporino diritti e strumenti a favore della solidarietà intergenerazionale si sono moltiplicati. Dal 1993 sono state emanate oltre duecento risoluzioni delle Nazioni Unite che includono il concetto di “generazioni future”, inserito anche nelle costituzioni di oltre 40 paesi del mondo[11]. In Italia dal 2019 è in discussione il disegno di legge costituzionale “Figli costituenti”, avviato nella forma di iniziativa legislativa popolare, che chiede di modificare gli articoli 2 e 3 della Costituzione per tutelare i diritti delle generazioni future e stabilire il principio fondamentale dello sviluppo sostenibile e della tutela dell’ambiente. Nel corso della seduta del 19 maggio 2021, la Commissione Affari Costituzionali del Senato ha approvato la proposta di modifica dell’Art.9 della Costituzione che, seppur limitandone il riferimento alla tutela dell’ambiente e degli ecosistemi, inserisce per la prima volta il principio di equità intergenerazionale nella nostra Carta Costituzionale. Il nuovo Art. 9 infatti recita: “La Repubblica tutela l’ambiente e l’ecosistema, protegge le biodiversità e gli animali, promuove lo sviluppo sostenibile, anche nell’interesse delle future generazioni”.
Quasi sempre il riferimento è alla “transgenerazionalità futura”, oggetto da tempo di riflessioni in ambito filosofico, sociologico e giuridico, piuttosto che alla “transgenerazionalità presente”. Ma dobbiamo constatare che l’una non può realizzarsi senza l’altra: non ci può essere un futuro sostenibile per coloro che verranno, se non si realizza già nel presente una società inclusiva e solidale che rispetti i diritti, le speranze e i sogni di tutti gli esseri umani.
Per costruire un progetto sostenibile e inclusivo per il domani, occorre trovare nuovi mezzi mediante i quali coloro che non hanno voce, o ne hanno troppo poca, abbiano modo di esprimersi riguardo il futuro, rendendo tanto le nuove e future generazioni quanto le più anziane in grado di rappresentare i loro interessi nei luoghi in cui si prendono le scelte che li riguardano e li riguarderanno. Si tratta, cioè, di rendere queste vite ai margini del presente autentiche protagoniste del dibattito sul futuro.
L’esigenza di una politica di anticipazione
L’abuso del termine “futuro” nel discorso politico lo ha reso da tempo un “significante vuoto”, un concetto a cui è possibile attribuire qualsiasi significato e che può essere usato e manipolato per qualsiasi finalità. A differenza del passato e del presente, tuttavia, il futuro – in quanto dimensione del possibile – è uno spazio aperto in cui si situa la speranza del non ancora. Come tale, è l’ambito in cui ogni gruppo sociale, culturale, politico, etnico, può legittimamente ambire a giocare un ruolo da protagonista. L’occupazione del futuro da parte di coloro che oggi detengono un controllo egemonico sul presente è una delle cause che hanno ridotto la capacità umana di pensare al futuro[12].
Un’altra causa è il presentismo. Lo stesso concetto di “post-modernità” usato per descrivere l’epoca in cui viviamo è emblematico della difficoltà di immaginare un futuro alternativo. La post-modernità è caratterizzata dalla progressiva contrazione del tempo: lo sviluppo tecnologico impone altissimi tempi di reazione, il ritmo dei cambiamenti costringe a decisioni rapidissime, i cicli economici impongono tassi di consumo accelerati[13]. Come conseguenza, i tempi della politica e dell’economia sono a loro volta contratti e impediscono la definizione di politiche lungimiranti.
La pandemia di Covid-19 ha paradossalmente permesso di compiere un passo avanti nel tentativo di immaginare alternative possibili. Costringendo le società a pensare al dopo, le ha spinte a rimettere tutto in discussione e non dare più niente per scontato. Ma ogni ragionamento sul “dopo” richiede necessariamente di partire dalla comprensione delle grandi sfide che attendono l’umanità in questo secolo, dopo quella della pandemia. E le grandi sfide del secolo richiedono non reazioni, ma azioni: non interventi estemporanei e d’urgenza, ma una capacità di pianificazione anticipante e intergenerazionale.
I piani e le soluzioni che andranno intraprese saranno come le cattedrali del Medioevo: opere imponenti che le diverse generazioni che si susseguono ereditano con il compito di portarle avanti pur nella consapevolezza che probabilmente non toccherà a loro goderne i frutti. È per questo che le sfide del futuro necessitano della solidarietà transgenerazionale, senza la quale ogni sforzo sarà destinato al fallimento, perché ogni generazione, costretta nella gabbia del presente, finirebbe per disfare ciò che quella precedente ha avviato, scaricando sul futuro la responsabilità di risolvere i problemi.
La sfida della transizione ecologica, che impone una radicale trasformazione del modello economico, industriale e sociale contemporaneo, richiede lungimiranza e transgenerazionalità perché da un lato occorre comprendere i diversi scenari e le diverse strategie da mettere in campo da oggi alla fine del secolo, dall’altro è necessario che lo sforzo delle presenti generazioni sia proseguito da quelle a venire affinché il lavoro fatto non venga disperso.
Anche altre grandi sfide del futuro, come l’ascesa dell’intelligenza artificiale, la gestione dell’economia digitale e dell’automazione del lavoro, o l’espansione umana nello spazio (probabilmente il più ambizioso esempio di progetto transgenerazionale che possiamo immaginare), che caratterizzeranno senza dubbio il XXI secolo, hanno bisogno, per essere governate, di entrambi questi fattori: politiche di lungo termine, che includono capacità di elaborare scenari sostenibili e stabilire le strategie per realizzarli; e politiche transgenerazionali, in grado di coinvolgere tutte le generazioni presenti oggi nella definizione dei futuri preferibili da perseguire e di trasmettere in eredità alle generazioni future gli sforzi compiuti.
Stewart Brand, il celebre ideatore del Whole Earth Catalog, poi fondatore della Long Now Foundation, ha preso talmente sul serio l’idea di paragonare gli sforzi per il futuro alle cattedrali medievali da aver promosso la realizzazione di un Orologio dei Diecimila Anni, con l’obiettivo di spingere l’umanità ad appropriarsi di una delle skill fondamentali del Terzo Millennio: quella di pensare in modo lungimirante, non per il mese prossimo o per l’anno a venire, ma su scale secolari se non persino millenarie. Solo così egli ritiene che saremo in grado non solo di vincere sfide secolari come i cambiamenti climatici o la transizione demografica, ma anticipare quelle che verranno in futuro. Il concetto di long now (“lungo presente”) è stato coniato dall’artista Brian Eno per descrivere il modo in cui possiamo piegare la logica del presentismo all’esigenza di tornare a pensare al futuro a lungo termine: «Le civiltà che possiedono un lungo presente si occupano meglio delle cose. In questi posti si avverte una struttura molto robusta e flessibile capace di assorbire i colpi e incorporarli»[14].
È evidente che, se la nostra civiltà possedesse davvero questa capacità, non ci saremmo fatti cogliere impreparati da un fenomeno tanto previsto e prevedibile come una pandemia virale. In effetti, l’umanità dispone oggi di buone capacità di ciò che gli anglosassoni chiamano foresight, ossia la previsione “sociale”, quella che si occupa di megatrend e fenomeni emergenti in grado di cambiare la società sul lungo termine. Ma queste capacità non si traducono in azioni concrete. E ciò perché la politica, costretta all’interno di cicli temporali ridottissimi, molto spesso – soprattutto in Italia – persino inferiori a quelli di una legislatura o consiliatura (cinque anni), è privata dei mezzi per adottare strategie lungimiranti.
Possiamo quindi sperare di migliorare e potenziare la nostra capacità di previsione dei futuri possibili, tanto più oggi che la rivoluzione dei big data ci offre strumenti quantitativi potentissimi per individuare ed estrapolare tendenze su larga scala, ma sembra che abbiamo abbandonato la capacità di anticipazione. L’anticipazione si contrappone alla previsione: rifiuta di pensare al futuro come mera estrapolazione lineare del presente e riapre la dimensione del possibile, chiedendo tuttavia di mettere in campo oggi, nel presente, le azioni necessarie per realizzare futuri possibili e preferibili[15].
L’anticipazione è una capacità politica che è urgente assegnare a tutti gli esseri umani. Ciascuno, come individuo e come gruppo identitario, dev’essere in grado non solo di immaginare il futuro, ma di essere abilitato a trasformarlo in realtà. Il concetto di empowerment va esteso all’anticipazione del futuro. Coloro che sono ai margini dell’ordine egemonico esistente devono essere dotati della capacità di produrre discorsi sul futuro e contribuire a realizzarli, al fine di ridimensionare quello “choc del futuro” che già alla fine degli anni Sessanta era stato preconizzato dal futurologo Alvin Toffler come il grande problema del nostro tempo[16].
Sempre più si sente affermare dagli esperti che sia necessaria un po’ meno democrazia e un po’ più di autoritarismo illuminato per vincere le sfide del secolo, poiché esse richiedono una capacità di pianificazione lungimirante di cui, per loro natura, le democrazie sarebbero sprovviste. La crisi del Covid ha rafforzato questa convinzione, comparando la risposta energica, imponente e spesso sproporzionata del governo cinese con quella più prudente, conciliante ma spesso tardiva e inefficace dei governi occidentali. La Cina è sembrata, con la sua straordinaria capacità di passare rapidamente dalla pianificazione all’azione, il modello a cui guardare per risolvere problemi che richiedono, da parte dei decisori politici, scelte difficili, dure da adottare e accettare, ma di grande efficacia[17].
Ma se è vero che le democrazie moderne necessitano di essere ripensate, se prestiamo fede ai discorsi di quanti propongono di metterle in soffitta per un po’ – il tempo necessario a “rimettere a posto le cose” – possiamo essere certi che faremo molta fatica a liberarci dei regimi che ne prenderanno il posto, siano essi “democrazie illiberali” o “autoritarismi liberali”. Nessun regime se non quello democratico è infatti in grado di assumersi il compito di restituire a tutti i suoi cittadini e ai diversi gruppi sociali una capacità di aspirare, una voce e un ruolo nel dibattito sul futuro.
Buone pratiche internazionali a cui ispirarsi
Quali strumenti possono essere implementati nei processi decisionali per realizzare gli obiettivi della solidarietà transgenerazionale e di una visione di lungo termine in grado di affrontare le grandi sfide del futuro? Negli ultimi anni diverse organizzazioni non-governative internazionali hanno iniziato a sostenere l’esigenza di istituire commissioni parlamentari, autorità di garanzia, organi di vigilanza per il futuro in seno ai parlamenti, ai governi e alle autorità locali. Tra queste si segnalano in particolare il World Future Council, l’Oxford Martin Commission for Future Generations e il Network of Institutions for Future Generations. La loro attività ha permesso di promuovere alcune iniziative di grande rilievo, a partire dall’analisi dell’efficacia delle diverse soluzioni implementate.
La più storica delle istituzioni democratiche orientate al futuro è la Commissione per il Futuro del Parlamento finlandese. La commissione fu istituita nel 1993 per «generare dialogo con il governo sui principali problemi e opportunità del futuro»[18]. Si tratta dell’unica commissione parlamentare permanente esistente in Europa con uno specifico mandato per lo studio del futuro. La sua caratteristica, rispetto alle altre commissioni parlamentari finlandesi, è che non partecipa direttamente al processo legislativo, dal momento che non promuove o discute disegni di legge: ciò lascia più spazio per il dialogo e il dibattito attraverso l’audizione di esperti e l’attività consultiva attraverso la redazione di analisi e documenti.
In particolare, la Commissione per il Futuro ha l’incarico di redigere annualmente un rapporto sul futuro per il governo. Questa prassi si deve alla recessione economica che colpì il paese in seguito al collasso dell’Unione sovietica nei primi anni Novanta: i rapporti della commissione permisero al governo finlandese di innovare in modo significativo le proprie politiche, avviando una nuova fase di crescita, e nel 2000 la commissione è stata resa permanente. La Commissione per il Futuro si occupa di studiare le principali tendenze di lungo termine, analizzare ricerche e metodologie orientate al futuro, valutare gli impatti sociali delle nuove tecnologie (technology assessment) e, dal 2015, è incaricata di promuovere l’applicazione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU. Dal 2000 al 2018 la Commissione per il Futuro ha prodotto 76 pubblicazioni che spaziano dai temi della genetica e delle nanotecnologie all’etica digitale e alla democrazia municipale[19].
Nel marzo 2001 la Knesset, il parlamento israeliano, ha istituito un Commissario per le Generazioni Future, un organo con il potere di valutare l’impatto generazionale e di lungo termine di tutte le proposte di legge avanzate in parlamento. Il commissario nominato per l’intera durata della legislatura 2001-2006, Shlomo Shoham, aveva il mandato di “difendere i bisogni e i diritti delle generazioni future”, svolgendolo in modo proattivo e non puramente simbolico, al punto che molti parlamentari lamentarono una sua eccessiva ingerenza negli affari legislativi, in considerazione del suo potere di veto su disegni di legge considerati lesivi dei diritti delle generazioni a venire. Come risultato, la posizione non è stata rinnovata nella legislatura successiva, ufficialmente per motivi di contingentamento dei costi parlamentari[20].
Nel 2007 il Parlamento dell’Ungheria promosse l’istituzione dell’Ombudsman per le Generazioni Future. La figura dell’ombudsman – in Italia “mediatore civico” – è tipica dei paesi scandinavi e il suo ruolo è quello di vigilare sulla tutela dei diritti e delle libertà dei cittadini rispetto alle possibili prevaricazioni delle autorità pubbliche. La figura del mediatore europeo è stata introdotta dall’Unione europea nel 1992, anche se la sua azione non è risultata finora di particolare incisività.
L’Ombudsman per le Generazioni Future è stato attivo fino al 2011. Eletto dal parlamentato ungherese con la maggioranza dei due terzi, aveva potere di avviare (o partecipare a) inchieste sia su richiesta dei cittadini sia d’ufficio nel caso in cui ci fosse il fondato sospetto che leggi o proposte di legge sia nazionali che locali fossero gravemente lesive dei diritti delle future generazioni, soprattutto in materia ambientale. Nei casi più gravi avere il potere di ricorrere alla Corte costituzionale per far abrogare una legge. Poteva inoltre promuovere dichiarazioni e documenti non vincolanti dirette alle autorità pubbliche, al governo e al parlamento, solitamente per orientare maggiormente l’azione politica verso la sostenibilità ambientale e la solidarietà transgenerazionale.
Nel 2005 il Parlamento della Scozia ha istituito il Futures Forum, un’organizzazione indipendente il cui scopo è di «guardare oltre l’orizzonte immediato, verso le sfide e le opportunità che affronteremo nel futuro»[21]. Il consiglio direttivo del forum è composto da parlamentari ed esponenti di spicco del mondo accademico, imprenditoriale e della società civile. Si tratta di uno spazio di dibattito su temi relativi al futuro e di un’organizzazione in grado di svolgere studi e ricerche in autonomia con indicazioni per l’agenda politica e legislativa. Il forum, pur essendo indipendente, è legato ai fondi concessi dal parlamento scozzese. Sulla spinta del Futures Forum, nel 2007 la Scozia ha adottato il National Performance Framework, che ha stabilito il benessere sostenibile per le generazioni presenti e future come obiettivo cardine dell’azione politica: su queste basi, nel 2019 il governo scozzese ha adottato il documento Protecting Scotland’s Future definendo gli obiettivi di lungo termine dell’agenda di governo[22].
Nel 2015 il Galles ha adottato il Well-being of Future Generations Act (legge per il benessere delle generazioni future) con lo scopo di vincolare i processi decisionali di tutti le autorità pubbliche del Galles al rispetto dello sviluppo sostenibile e della solidarietà transgenerazionale. A salvaguardia di questo processo, nel 2016 è stata istituita la figura del Commissario per le Generazioni Future. La legge ha stabilito cinque criteri a cui le autorità pubbliche devono conformarsi: il principio di lungo termine, per garantire il giusto equilibrio tra i bisogni presenti e quelli delle generazioni a venire; il principio di prevenzione, per anticipare possibili rischi e pericoli anziché reagire ex post; il principio di integrazione, secondo cui le diverse istituzioni devono allineare i loro sforzi in relazione agli obiettivi di benessere degli altri; il principio di collaborazione, per lavorare insieme alla realizzazione del benessere pubblico; il principio di coinvolgimento, per cui le autorità devono coinvolgere il più possibile i cittadini che vivono nel territorio in cui operano[23].
Nel 2013 il rapporto Now for the Long Term pubblicato dall’Oxford Martin Commission for Future Generations, composta da eminenti personalità politiche, propose alcune iniziative politiche per sconfiggere la piaga del “presentismo” e favorire una svolta verso una visione di lungo termine per la politica mondiale. Tra queste, l’adozione nelle costituzioni nazionali di vincoli al rispetto dei diritti delle generazioni a venire e l’istituzione di organi indipendenti ma che rispondano ai rispettivi governi per operare su orizzonti di lungo termine, in grado di affrontare le grandi sfide del XXI secolo. Il documento citava i casi di Finlandia, Israele e Ungheria come quelli a cui ispirarsi[24].
Nel 2017 un articolo sulla rivista Futures a firma di Natalie Jones, Mark O’Brien e Thomas Ryan del Centre for Existential Risks dell’Università di Cambridge suggeriva l’istituzione di un intergruppo parlamentare sulle generazioni future in seno al parlamentato britannico[25]. Questa richiesta è stata prontamente accolta, su iniziativa di Lord Martin Rees (fondatore del Centre for Existential Risks e tra i promotori del rapporto Now For the Long Term), portando nell’ottobre 2017 all’istituzione dell’All-Party Parliamentary Group for Future Generations. Si tratta di un’iniziativa preliminare all’istituzione di una vera e propria commissione parlamentare sul futuro, che però è prevista dai regolamenti del parlamento e coinvolge i membri di tutti i partiti, obbligati a incontrarsi periodicamente per discutere i temi definiti nell’agenda ed eleggere annualmente un portavoce.
Il gruppo interparlamentare, inoltre, rappresenta un forum istituzionale per il coinvolgimento, nel dibattito pubblico, di portatori d’interesse quali ONG, movimenti sociali e organizzazioni della società civile impegnate su temi relativi al futuro di lungo termine. Il passo successivo dovrebbe essere l’istituzione di una Joint Committee on Future Generations, ossia una commissione bicamerale vera e propria con il compito di verificare la compatibilità dei disegni di legge promossi dal Parlamento con i diritti e gli interessi delle generazioni a venire[26].
Altre iniziative sono in corso nel mondo. La ONG olandese “Worldconnectors” ha istituito nel 2018 un Laboratorio per le Generazioni Future, che intende svolgere la funzione non ufficiale di Garante nazionale per le generazioni future, promuovendo azioni nei confronti degli organi politici che non rispettano i diritti delle generazioni a venire o non considerano gli effetti di lungo termine delle politiche adottate[27]. In seno alle Nazioni Unite, il gruppo informale governativo degli Amici delle Generazioni Future (che include oltre venti rappresentanze permanenti di Stati membri dell’ONU a New York) ha promosso l’istituzione dei Global Guardians for Future Generations, che dovrebbero essere nominati dal Segretario generale delle Nazioni Unite per dare voce alle generazioni future e favorire lo sviluppo sostenibile e la solidarietà transgenerazionale[28]. Il movimento internazionale Extinction Rebellion chiede ai governi mondiali di adottare provvedimenti immediati per il contrasto ai cambiamenti climatici e, tra le sue richieste, include l’istituzione di assemblee nazionali di cittadini per supervisionare le politiche adottate sul clima per una governance del problema più inclusiva e democratica[29]. Una mozione per l’istituzione di una commissione per le generazioni future in seno al Consiglio d’Europa è stata presentata nel 2003 da alcuni membri dell’assemblea parlamentare, senza però essere approvata[30].
Una proposta per l’Italia
L’esigenza di un dibattito ampio e strutturato sul futuro di lungo termine all’interno delle istituzioni politiche è avvertita da tempo. Il Millennium Project, un’organizzazione no-profit che promuove gli studi sul futuro a livello globale con nodi in 65 Paesi del mondo (tra cui l’Italia), tra le sue proposte per affrontare le 15 sfide globali discusse annualmente nel suo rapporto Lo stato del futuro, ha avanzato l’istituzione di commissioni parlamentari per il futuro sull’esempio della Finlandia, «per fornire previsioni e politiche di foresight al governo e alle altre commissioni parlamentari», nonché il potenziamento delle unità di foresight per i capi di stato e di governo e la costituzione di reti informali per discutere degli obiettivi a lungo termine delle strategie nazionali[31].
Esistono tre diverse modalità per rafforzare il processo decisionale dei governi in modo da includere politiche di lungo termine in grado di affrontare le sfide globali, possibilmente in chiave transgenerazionale. La prima si rivolge al livello esecutivo, attraverso l’istituzione di enti governativi di previsione sociale (foresight) che forniscano consulenze, scenari e strategie. La seconda prevede l’istituzione di autorità indipendenti, ma di nomina politica, come le autorità garanti e gli ombudsman, per difendere i diritti delle generazioni a venire e promuovere politiche sostenibili. La terza si rivolge infine al piano legislativo, con l’istituzione di apposite commissioni parlamentari sul futuro.
Il Regno Unito dispone, all’interno del Government Office for Science, di unità preposte alla previsione strategica (Horizon Scanning Programme Team e GOS Futures Team) che forniscono consigli al governo e al primo ministro per le politiche scientifiche e tecnologiche ed elaborano rapporti su temi relativi a problemi di lungo termine, come per esempio il futuro della mobilità, il futuro del mare, l’invecchiamento della popolazione, i nuovi lavori, la formazione e il lifelong learning, il futuro delle città. Singapore dispone dal 2009 di un Centre for Strategic Futures, che dal 2015 è diventato parte del “gruppo strategico” all’interno dell’Ufficio del Primo Ministro, per promuovere ricerche sugli scenari di lungo termine e sperimentare l’applicazione di metodologie di anticipazione all’interno del processo politico. Gli Emirati Arabi Uniti dal 2006 hanno un istituito un ministero per gli affari di governo e il futuro (Ministry of Cabinet Affairs and the Future); nel 2015 il governo ha inoltre istituito la Dubai Future Foundation, un’organizzazione pubblica con il duplice scopo di immaginare ed elaborare gli scenari di lungo termine e trasformarli in strategie esecutive implementabili dal governo.
A livello di organismi internazionali, l’Unione europea dispone, all’interno del Parlamento europeo, di una Scientific Foresight Unit (STOA), che include anche parlamentari, come organo di consulenza strategica sugli scenari scientifici e tecnologici, attraverso la realizzazione di analisi, workshop e attività di horizon scanning per l’individuazione di innovazioni scientifiche e tecnologiche emergenti. La Commissione europea, invece, nell’ambito del Joint Research Centre, ha istituito nel 2018 il Competence Centre on Foresight, con l’obiettivo di supportare l’elaborazione politica europea fornendo input prospettici e strategici, sviluppando la cultura dell’anticipazione all’interno della Commissione europea, e sperimentando metodi e strumenti di previsione sociale per rafforzare il processo decisionale. Anche l’OCSE è dotata di una Strategic Foresight Unit che opera con governi e organizzazioni per affrontare le principali sfide strategiche.
In Italia un Centro nazionale di Previsione Strategica è stato proposto dall’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) e dall’AFI (Associazione dei Futuristi Italiani) come ente governativo vigilato dalla Presidenza del Consiglio[32]. Il governo italiano non dispone di un ente specificamente dedicato alla previsione strategica, anche se l’horizon scanning è per esempio utilizzato come metodologia di anticipazione dal Ministero della Salute da molti anni, il Centro Alti Studi per la Difesa e il Centro Militare di Studi Strategici forniscono rapporti e analisi di scenario anche a lungo termine negli ambiti di sicurezza e difesa, e il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), organo costituzionale con iniziativa legislativa sul piano economico e sociale, potrebbe rappresentare uno strumento essenziale nel rafforzamento in chiave prospettica e strategica dell’elaborazione politica nazionale.
L’Italia dispone di diverse autorità di garanzia o vigilanza, che tecnicamente sono autorità amministrative indipendenti con compiti di tutela di settori considerati di rilevanza sociale. I componenti di questi enti sono di nomina parlamentare o governativa, al fine di tutelarne l’imparzialità da interessi di parte. In Italia esiste l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, il Garante per la protezione dei dati personali, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
Tra queste, l’ente più vicino a una possibile autorità per i diritti delle future generazioni è quella posta a tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, organo monocratico simile alle esperienze del Commissario per le Generazioni Future israeliano e all’Ombudsman per le Generazioni Future ungherese. L’autorità garante può raccogliere segnalazioni su rischi di violazione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, esaminarle e segnalarle alle autorità competenti, esprimere al governo pareri su disegni o progetti di legge all’esame del Parlamento, richiedere informazioni e fornire pareri alle pubbliche amministrazioni e agli enti pubblici, e predispone una relazione annuale al Parlamento.
Le commissioni parlamentari per il futuro hanno uno standing istituzionale maggiore, in quanto incardinate all’interno del sistema legislativo. Ciò non implica necessariamente che possiedano poteri di iniziativa legislativa similmente alle altre commissioni parlamentari, come mostra il caso della Finlandia. Tuttavia, rispetto alle due soluzioni precedenti quest’ultima ha l’indubbio vantaggio di essere espressione della volontà dei cittadini, perché composte da membri eletti direttamente dai cittadini come loro rappresentanti. Ciò assicura un più alto grado di rappresentatività e di accountability, che invece né le autorità garanti né tantomeno gli enti governativi possono avere.
La crisi della rappresentanza e l’aumento, in Italia come in altri paesi occidentali, dell’ostilità nei confronti di istituzioni tecnocratiche considerate troppo distanti dalla cittadinanza, suggeriscono che le commissioni parlamentari siano gli enti maggiormente in grado di rappresentare la crescente esigenza di un dibattito pubblico sul futuro riguardo sia le grandi sfide del XXI secolo quanto i diritti delle nuove e future generazioni. La commissione parlamentare, inoltre, coinvolgendo esponenti di tutte le forze politiche, permette anche di sensibilizzare direttamente i partiti e i decisori politici nazionali sui temi del futuro, obiettivo che gli enti governativi e le autorità di vigilanza spesso non sono in grado di ottenere, per la loro maggiore distanza dal processo decisionale.
In Italia sono presenti nell’attuale legislatura 14 commissioni permanenti, a cui si aggiungono commissioni bicamerali dotate di particolari mandati. Per esempio, le commissioni bicamerali di inchiesta sono investite di funzioni di indagine su temi di interesse pubblico, in alcuni casi sovrapponendosi alle inchieste della magistratura, in altri andando piuttosto ad analizzare in dettaglio argomenti che potranno poi essere oggetto di apposita normazione, come le commissioni d’inchiesta sulla condizione giovanile o sulla dignità degli anziani, sul sistema sanitario o sul ciclo dei rifiuti. Commissioni di indirizzo, controllo e vigilanza sono state istituite per la vigilanza dei servizi radiotelevisivi o per l’infanzia e l’adolescenza, mentre ci sono state solo due commissioni parlamentari consultive istituite in passato per la semplificazione amministrativa e per il federalismo fiscale.
Una Commissione parlamentare per il Futuro
L’istituzione, in Italia, di una Commissione parlamentare per il Futuro, può rappresentare un’importante iniziativa per rendere anche il nostro paese all’altezza delle sfide del futuro e dell’esigenza di una più ampia solidarietà transgenerazionale. La sua implementazione può risultare più semplice ed economica, nonché più efficace, rispetto alle altre due modalità analizzate e impiegate in altri paesi, dal momento che non richiede l’istituzione di un ente apposito con un budget e uno staff dedicato, che in una fase come quella attuale di ristrettezze di bilancio potrebbe incontrare resistenze nella politica e nella cittadinanza. L’istituzione di una commissione parlamentare può essere compiuta attraverso un iter graduale con lo scopo di verificarne la fattibilità e definirne le competenze e i poteri.
Una Commissione per il Futuro bicamerale di indirizzo, di inchiesta o consultiva, il cui mandato sarebbe quello di esprimere pareri sulle proposte di legge e gli atti del governo, dovrebbe avere come scopo quello di garantire che le iniziative legislative e i decreti esecutivi rispettino il principio di equità intergenerazionale, e non siano dunque lesivi dei diritti delle nuove e future generazioni, anche attraverso un’analisi di impatto di lungo termine (dieci anni o più) per valutare costi e benefici nel lungo periodo. Per svolgere tale incarico, la commissione avrebbe la facoltà di chiedere informazioni, dati, documenti a ministeri, pubbliche amministrazioni ed enti pubblici su quanto viene svolto in merito alle grandi sfide del futuro e alla difesa dei diritti delle nuove e future generazioni. Allo stesso modo, la commissione dovrebbe verificare il rispetto dell’inclusione, vigilando sul rispetto di tutte le parti sociali in modo equo da parte di iniziative legislative e decreti esecutivi, con particolare attenzione a non danneggiare minoranze o categorie svantaggiate e scarsamente rappresentate. La commissione dovrebbe, inoltre, vigilare sulle iniziative legislative delle altre commissioni parlamentari in funzione del raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Infine, alla commissione dovrebbe essere assegnato il compito di riferire annualmente alle Camere con un documento che esamini i megatrend globali e gli scenari di lungo termine dell’Italia, fornendo delle strategie di lungo termine per il nostro Paese e formulando osservazioni e proposte di adeguamento della legislazione attuale.
Una Commissione per il Futuro permanente, che abbia funzioni di iniziativa legislativa, dovrebbe avere competenza su tematiche relative all’innovazione scientifica e tecnologica, alla lotta ai cambiamenti climatici, allo sviluppo sostenibile e ad altre tematiche imprescindibili per un approccio lungimirante che guardi al futuro di lungo termine del Paese. Una Commissione per il Futuro dovrebbe essere investita, ad esempio, dei poteri relativi alla realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con il compito di elaborare proposte di legge e coordinare le attività delle altre commissioni permanenti per il raggiungimento di questi obiettivi, ponendo l’accento sul tema della sostenibilità in tutte le sue declinazioni: sociale, economica e ambientale. Allo stesso modo, la Commissione per il Futuro dovrebbe occuparsi di innovazione tecnologica, spaziando da tematiche che vanno dai big data all’intelligenza artificiale, diventando un punto di riferimento dell’attività legislativa per indirizzare e vigilare sul modo in cui queste innovazioni possano essere ideate, sviluppate e utilizzate. Il massiccio impiego di nuove forme di tecnologia è strategico ed essenziale per il futuro: pensiamo, in particolare, al campo dell’informazione e dell’infrastruttura pubblica digitale, dell’intelligenza artificiale e machine learning (nelle loro applicazioni civili e militari), delle piattaforme tecnologiche e nuovi strumenti di coding, e delle potenzialità in continua crescita di Internet, del cyber-spazio e del cloud. Tutte queste innovazioni hanno delle enormi potenzialità, ma allo stesso tempo pongono molte domande e dilemmi etici, specialmente per l’assenza di un framework di riferimento. Nella maggior parte dei paesi occidentali, lo Stato è infatti poco incline ad adottare cyber o technology policy, in parte per il forte legame tra tecnologia e aspetti come quello della libertà di ricerca, diritti umani, libertà di pensiero o di espressione. Da un punto di vista legislativo-regolatorio, una Commissione per il Futuro dovrebbe dunque restituire allo Stato quella sovranità tecnologica necessaria a regolamentare lo sviluppo e l’impiego di innovazioni tecnologiche, pur preservando le libertà e l’accessibilità ad esse connesse, ricercando un equilibrio tra attori istituzionali, settore privato e organizzazioni non governative.
Al fine di favorire la più ampia rappresentanza intergenerazionale, un simile istituto dovrebbe garantire delle “quote generazionali”: la sua composizione, cioè, oltre a garantire la rappresentanza di tutte le forze politiche e favorire la parità di genere, dovrebbe includere esponenti di tutte le generazioni, in modo bilanciato, di modo che gli interessi di una generazione non abbiano la meglio su quelli di un’altra e per permettere ai giovani di poter partecipare ai tavoli decisionali del Paese. In prospettiva, il principio delle quote generazionali potrebbe essere esteso a tutti gli organi di rappresentanza, garantendo la partecipazione di una quota fissa percentuale di giovani under-35 nelle istituzioni, al fine di promuovere una più sostanziale coesione transgenerazionale in Italia.
Al fine di supportare un processo di transizione verso una nuova mentalità lungimirante e intergenerazionale, sarà indispensabile che una Commissione parlamentare per il Futuro adotti strumenti e pratiche della cosiddetta Futures Literacy, competenza che secondo l’UNESCO risulta fondamentale per affrontare i cambiamenti repentini e dirompenti del XXI secolo, nonché le grandi sfide globali. La Futures Literacy è quell’abilità che «consente alle persone di comprendere meglio il ruolo che il futuro avrà in ciò che vedono e fanno», mettendole nella condizione di usare il futuro nel migliore dei modi, attraverso una migliore comprensione di quali siano gli elementi che possiamo influenzare e quali invece siano scenari utili da esplorare al fine di reagire nel miglior modo possibile.
Per aiutare il processo decisionale della Commissione parlamentare per il Futuro, oltre alle audizioni degli esperti – strumento tipico delle commissioni parlamentari – potrà essere utile prevedere un Forum permanente di esperti della società civile, che fornisca il know-how necessario in termini di strumenti di futures literacy e di tematiche specialistiche sugli argomenti che la Commissione tratterà in maniera continuativa durante ogni legislatura, favorendo l’interscambio di conoscenze e pratiche tra i membri del Forum e tra questi e i parlamentari della Commissione. Nell’ipotesi dell’istituzione di un Centro di previsione strategica, questo organo rappresenterebbe uno dei principali interlocutori della Commissione per il Futuro, che dovrebbe agire anche come “ente vigilante” delle sue attività.
Il futuro non può e non deve più essere un tema di serie B o di priorità minore all’interno dell’agenda politica del nostro Paese: i provvedimenti miopi degli ultimi anni stanno già impattando negativamente sulla qualità della vita delle nuove generazioni e la capacità del nostro Paese di partecipare attivamente al dibattito sul futuro su scala globale. L’argomento sta acquisendo e acquisirà sempre più visibilità agli occhi dell’opinione pubblica e delle nuove generazioni, pertanto inerzia, paralisi o procrastinazione di fronte alla necessità di uno strumento per favorire il dibattito pubblico sulle sfide del futuro in ottica intergenerazionale non possono essere contemplate.
Note
[1] Cfr. A. Cozzolino, Prima, dentro e dopo il Covid-19: la politica economica dell’Eurozona e i suoi futuri possibili, “Futuri”, n. 15, giugno 2015, pp. 25-40.
[2] Cfr. A. D’Angelo, Il ritorno del voto generazionale, “YouTrend”, 13 marzo 2018; A. Gentili, Quanto pesa il voto generazionale nelle urne d’Europa, 14 marzo 2018.
[3] Cfr. D. Tuorto, L’attimo fuggente. Giovani e voto in Italia, il Mulino, Bologna, 2018.
[4] United Nations, Report of the World Commission on Environment and Development “Our Common Future”, UN, 1987, p. 15.
[5] Cfr. M. Mascherini, S. Ledermaier, C. Vacas-Soriano, L. Jacobs, Long-term unemployed youth: Characteristics and policy responser, Eurofund, dicembre 2017.
[6] Cfr. Eurostat, Old-age dependency ratio increasing in the EU, 13 luglio 2020.
[7] Cfr. ESA-European Space Agency, The current state of space debris, 12 ottobre 2020.
[8] Cfr. C. Facioni, Un quadro delle nuove emergenze sanitarie, ASVIS-Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, 30 marzo 2017.
[9] Cfr. T. Andina, Transgenerazionalità. Una filosofia per le generazioni future, Carocci, Roma, 2020.
[10] Il concetto di “generazione” qui impiegato si rifà a quello utilizzato, tra gli altri dal Pew Research Center, cfr. M. Dimock, Defining generations: Where Millennials end and Generations Z begins, 17 gennaio 2019, Pew Research Center. La classificazione in sette generazioni è usata in Italia da Generation Mover, cfr. I. Pierantoni, Indizi di futuro in azienda: la convivenza generazionale e i megatrend, “Futuri” n. 11, aprile 2019, pp. 111-118.
[11] R. Krznaric, The Good Ancestor: A Radical Prescription for Long-Term Thinking, The Experiment, New York, 2020, p. 78.
[12] Sul tema cfr. soprattutto A. Appadurai, Il futuro come fatto culturale. Saggi sulla condizione globale, Raffaello Cortina, Milano, 2014; M. Fisher, Realismo capitalista, Nero, Roma, 2018; V. Pellegrino, Futuri possibili. Il domani per le scienze sociali di oggi, Ombre Corte, Verona, 2019.
[13] Cfr. tra gli altri H. Rosa, Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica nella tarda modernità, Einaudi, Torino, 2015; H. Nowotny, Time: The Modern and Postmodern Experience, Polity Press, Cambridge, 1996.
[14] Cit. in S. Brand, Il lungo presente. Tempo e responsabilità, Mattioli 1885, Fidenza, 2008, p. 32.
[15] Sul concetto di “anticipazione” cfr. R. Poli, Introduction to Anticipation Studies, Springer, Cham, 2017; R. Miller, Transforming the Future: Anticipation in the 21st Century, Routledge, Londra, 2018.
[16] A. Toffler, Lo choc del futuro, Rizzoli, Milano, 1971.
[17] Cfr. D. Taino, Il modello cinese sta conquistando il mondo, “Corriere della Sera, 27 ottobre 2020; M. Peruzzo, Affrontare il coronavirus è compatibile con la democrazia occidentale?, “Wired”, 9 marzo 2020: n; E. Mérieau, Covid-19, authoritarianism vs. democracy: what the epidemic reveals about the orientalism of our categories of thought, SciencesPo, 28 agosto 2020.
[18] Cfr. il sito della Commissione: https://www.eduskunta.fi/EN/valiokunnat/tulevaisuusvaliokunta/Pages/default.aspx.
[19] V. Koskimaa, T. Raunio, Encouraging a longer time horizon: the Committee for the Future in the Finnish Eduskunta, “The Journal of Legislative Studies”, 10 marzo 2020: https://doi.org/10.1080/13572334.2020.1738670.
[20] Cfr. World Future Council, Voice of Future Generations, marzo 2018, p. 7.
[21] https://www.scotlandfutureforum.org/
[22] The Scottish Government, Protecting Scotland’s Future: The Government’s Programme for Scotland 2019-20, settembre 2019.
[23] Cfr. The Office of the Future Generations Commissioner for Wales, Future Generations framework for projects – Based on the well-being of Future Generations act, 2018.
[24] Oxford Martin Commission for Future Generations, Now For the Long Term, Oxford Martin School – University of Oxford, marzo 2013.
[25] N. Jones, M. O’Brien, T. Ryan, Representation of Future Generations in United Kingdom Policy-Making, “Futures”, vol. 102, settembre 2018, pp. 153-163.
[26] Ivi, p. 158. Cfr. anche APPG on Future Generations, Lessons for a UK Future Generations Bill, 11 ottobre 2019.
[27] Cfr. Network of Institutions for Future Generations, Looking to 2030 and Beyond: How Institutions for Future Generations Can Assist in SDGs Implementation, giugno 2019.
[28] Mary Robinson Foundation, Global Guardians: A Voice for Future Generations, gennaio 2018.
[29] https://extinctionrebellion.it/chi-siamo/extinction-rebellion/.
[30] Consiglio d’Europa, Assemblea Parlamentare, Setting up a Committee for future generations, doc. 9968, 22 gennaio 2003.
[31] J.C. Glenn, E. Florescu (a cura di), Lo stato del futuro 19.1, Italian Institute for the Future, Napoli, 2018, p. 50.
[32] ASVIS-Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, Chiesta l’istituzione di un Centro di previsione strategica. Un appello di AFI ASVIS CNEL formulato in occasione del IV incontro dei Futuristi Italiani dedicato al tema “Pensare l’impensabile”, 14 maggio 2020.