L’aumento della velocità di fuga della cultura informatica (Dery, 1997) e la natura fluida e mutabile dell’Infosfera (Floridi, 2020) hanno riconfigurato il già obsoleto binomio natura-cultura, decostruendolo completamente. Le tecno-scienze, come una forza centrifuga, sembrano trascinare l’umanità (e non solo) verso un’inter-zona in cui i confini tra uomo, macchina e natura sfumano e si contaminano, lasciando spazio a dinamiche e narrazioni ibride. In questo spazio liminare si vengono a creare le condizioni ideali per lo sviluppo di nuovi paradigmi socio-economici, nuove sfide etiche e forme di religiosità inedite. Anche i percorsi di ricerca spirituale, infatti, partecipano del mutare impetuoso del mondo contemporaneo, stabilendo legami complessi con le nuove tecnologie.
Una certa visione moderna del pruriginoso rapporto tra scienza tecnologica e fede, per cui la tecnica avrebbe dovuto essere agente di disincantamento (Weber, 2004) – spianando la via per un mondo puramente razionale, incentrato sullo sviluppo economico e il progresso materiale – si infrange dinanzi alla permanenza di afflati religiosi ed esperienze magico-mistiche, di cui gli strumenti tecnologici si fanno vettore. A margine delle “grandi religioni” si raggruppano credenze polimorfe estremamente variegate e intricate, dense di riferimenti che spaziano dai culti antichi agli archetipi delle cyberculture e alle tecno-utopie in una caleidoscopica miscellanea di forze, stimoli e simboli pensabili solo nell’era dell’informazione.
L’universo digitale, a differenza di quello dei macchinari in cui il marchingegno era riconoscibile ed evidentemente legato alle leggi della fisica classica, è opaco, invisibile, etereo. Se la macchina evoca l’immaginario industriale, massiccio, ingombrante e inquinante, il WWW sembra essere immateriale, leggero, luminoso e perciò più vicino agli dei che agli uomini. (Camorrino, 2017). Le tecnologie informazionali rilucono dell’aura sacrale dell’immaterialità, libere dai vincoli stringenti della materia corrotta o corruttibile della realtà ordinaria (Davis, 2015) e per questo si fanno ricettacolo di esperienze singolari di “culti on line”. La natura (apparentemente) immateriale della digitalità, stuzzicando immaginari e bisogni ancestrali, assurge a conditio sine qua non del radicamento nel cyberspazio di forme di religiosità alternative.
In questo contributo verranno prese in considerazione due visioni che esaltano e reinterpretano le tecnologie odierne mixandole con immaginari, metafore e sentimenti attinenti al mondo spirituale: il tecnopaganesimo e il transusmanesimo. Entrambi i movimenti non si limitano a insediarsi nei labirinti della tecnologia, bensì con essa si consustanzializzano, instaurando una dinamica non strumentale ma sostanziale (Vecoli, 2013), in virtù di un recupero dell’invisibile/immateriale. A riempire le fila di questi movimenti sono principalmente esperti e addetti ai lavori delle ITC. Non si parla di “culto”, quindi, per sostenere una presunta adorazione degli strumenti da parte di questi, bensì per ricalcarne la centralità nelle pratiche professionali e immaginative dalle quali, sia i tecnopagani che i transumanisti, traggono le proprie coordinate esistenziali e spirituali. Nella prima parte di questo lavoro si andrà ad evidenziare come la tecnologia entri a far parte a pieno titolo di un culto della natura, quale il paganesimo. Nella seconda invece si indagherà come la spiritualità si insinua in un sistema di credenze controverso basato sulle hard-science.
I tecnopagani, spiritualizzando la materia, riscrivono il concetto di natura a partire dagli strumenti digitali, componendo una immagine sovrannaturale di essa, in cui le forze immateriali che animano il tutto possono essere incanalate e rese attuali. I transumanisti, d’altro canto, aspirano a oltrepassare i vincoli della materia. Ritenendo l’uomo poco più che una configurazione di dati, il cui sostrato biologico è deperibile e inaffidabile, tentano di rendersi immateriali e immortali, imprimendosi nel virtuale. Entrambi fanno a brandelli le frontiere tra uomo e artefatto tecnologico, immaginando futuri (im)possibili e radicali.