I dati disponibili sia a livello UE, sia nazionale, sia locale[1], evidenziano il permanere del gender gap, ovvero il divario tra le opportunità esistenti per uomini e donne nel mercato del lavoro e nella società. I cambiamenti in atto hanno evidenziato come questi fenomeni e i relativi impatti non siano neutri dal punto di vista di genere e le diseguaglianze già esistenti tra la componente maschile e femminile potrebbero essere destinate ad aumentare ulteriormente, con una ricaduta diretta e di lungo periodo sulle comunità locali e sulle città. Di fronte a scenari futuri, caratterizzati da complessità e incertezza, i contesti urbani sono chiamati a svolgere un ruolo fondamentale sia per rispondere oggi ai bisogni contingenti, sia per cogliere i “segnali” anticipatori di bisogni, domande e opportunità emergenti (Poli, 2019).
Tra questi “segnali” di cui tenere conto in modo diverso e innovativo rispetto al passato, la questione di genere si conferma come strategica per garantire anche a livello locale uno sviluppo economico sostenibile e inclusivo. Le donne, infatti, pur rappresentando oltre la metà della popolazione residente (Istat), continuano a vivere, abitare, muoversi e lavorare in contesti organizzativi e urbani storicamente definiti per tempi, spazi e regole, prevalentemente al maschile (McIlwaine, 2018; Nesti, 2016; Zajczyz, 2015; Sartori, 2007). Ciò limita la possibilità per le donne di essere pienamente cittadine e rimanendo in una condizione di “invisibilità” rispetto alle politiche urbane (Perez, 2020). Una democratizzazione dei futuri richiede dunque un ripensamento dei processi di governo locale, rendendoli capaci di riconoscere, considerare e valorizzare le diversità di genere. Tale prospettiva considera altresì come le trasformazioni demografiche, sociali e tecnologiche stiano già portando cambiamenti nei tempi e modi di fruire gli spazi pubblici e privati (si pensi alla mobilità, ai servizi e al commercio, al tempo libero), introducendo nuove domande socioeconomiche, che – se rilevate e valorizzate – potrebbero rappresentare dei driver di sviluppo e di nuove opportunità anche per la componente femminile (Bonfiglioli, 2006; Zajczyz, 2015; Kern, 2020).
La relazione tra città e genere è stata affrontata negli anni da diverse prospettive disciplinari: urbanistica (tra gli altri: Benigni, 2012; Jacobs, 2009; Macchi, 2006; Perrone 2006), sociologica (tra gli altri: Nesti, 2016; Zajczyk, 2015) ed economica (Addabbo, 2018). Inoltre, significative sono state sono le esperienze condotte in alcune città italiane[2] che hanno adattato il principio di gender mainstreaming nel governo locale e le prassi sviluppate da municipalità europee (Vienna, Berlino, Amsterdam e Umea) che hanno introdotto strumenti e metodi di intervento (metodologia partecipativa che ha valorizzato e supportato il protagonismo femminile, agendo anche come leva di empowerment trasformativa[3].