La prima “astronave” concepita con verosimiglianza scientifica è con ogni probabilità quella immaginata da Jules Verne per il suo viaggio Dalla Terra alla Luna. Siamo nel 1865. L’Italia è unita da pochi anni, l’impero britannico si espande a vista d’occhio, la rivalità tra francesi e prussiani cresce in maniera pericolosa. La tecnologia e l’industria si affermano nel mondo occidentale. Verne concepisce di inviare un uomo sulla Luna non con soluzioni fantastiche, ma appoggiandosi a una tecnologia, purtroppo, già piuttosto avanzata: quella dell’artiglieria.
Dice il protagonista, Barbicane, a un certo punto:
«Dai miei studi risulta la convinzione che noi dovremmo riuscire in una impresa che sembrerebbe impossibile a ogni altra nazione. È questo il piano che, lungamente elaborato, formerà l’oggetto della mia comunicazione. Esso è degno di voi, degno del Gun-Club e non potrà fare a meno di sollevare un gran rumore nel mondo».
«Molto rumore?» chiese un artigliere appassionato.
«Molto rumore nel vero senso della parola» rispose Barbicane.
La letteratura sta scoprendo la scienza, la tecnologia, e le utilizza per narrare delle storie. Cominciano ad affascinare i misteri legati all’epopea scientifica che l’immaginario collettivo comincia ad avvertire.
L’altro grande scrittore di questo genere di storie è Herbert George Wells, inglese, famoso per romanzi come La guerra dei mondi, La macchina del tempo, L’uomo invisibile. L’idea del proiettile rimane viva anche in Wells, che quando racconta l’invasione delle astronavi marziane sulla Terra in La Guerra dei Mondi scrive:
Il proiettile, nell’urto, aveva scavato un’enorme buca, la sabbia e la ghiaia erano state lanciate con violenza in ogni direzione… La cosa giaceva quasi completamente affondata nella sabbia tra le schegge sparse di un abete che aveva frantumato cadendo. La parte scoperta aveva l’aspetto di un enorme cilindro di massa compatta.
Wells cambia registro con i Primi uomini sulla Luna, allorché inventa la “cavorite”, dal nome del suo inventore, Cavor: una materia che annulla l’effetto della forza gravitazionale. Da qui alla Luna, il passo è breve. Ma l’idea di Wells sembra appartenere più al regno del fantastico che del verosimile scientifico.
Lo stesso avviene con Edgar Rice Burroughs e il suo John Carter di Marte. Ecco come avviene il viaggio di John Carter verso il pianeta rosso:
Una grossa stella rossa sfiorava il lontano orizzonte. Mentre la fissavo, il suo fascino mi travolse… ebbi l’impressione che mi attirasse a sé attraverso lo spazio siderale, che mi trascinasse come il magnete attira una particella di ferro. Il mio desiderio si fece più intenso, irresistibile; chiusi gli occhi, tesi le braccia verso il dio della mia intima vocazione e mi sentii attirare con la subitaneità del pensiero attraverso l’inesplorata immensità dello spazio. Per un attimo provai la sensazione d’un gelo estremo e fui avvolto dalla tenebra più assoluta.
La forza del pensiero che porta su Marte. Ma potremmo anche pensare al teletrasporto… In ogni caso, Burroughs non aveva torto: è proprio la forza del pensiero, delle nostre aspirazioni, del nostro desiderio più profondo che ci farà – speriamo presto – costruire una vera astronave per raggiungere il Pianeta Rosso.
Siamo nel 1912. È pochi anni dopo che il genere narrativo che assume scienza e tecnologia come protagonisti del proprio narrare trova una definizione precisa, un’etichetta: “Science fiction”, fantascienza in italiano a partire dal 1952, con la nascita di Urania, la collana di libri che tuttora gode di discreta salute. Nascono negli anni Trenta le “supernavi” di Edward E. Doc Smith con la sua ingenua saga galattica dei Lensmen.
La necessità di parlare di scienza in modo meno banale e più coerente viene sentita in maniera sempre più evidente. È John Campbell lo scrittore che traghetta questa narrativa verso temi e modi più consapevoli. Campbell lancia una pattuglia di autori ben noti, da Asimov a Bradbury ad Heinlein. Gli scrittori cominciano a porsi domande concrete sulla conquista dello spazio. È davvero possibile? Heinlein lancia la sua nave “Universo”. Nascono le arche stellari per i lunghi viaggi nello spazio. Se è impossibile raggiungere velocità vicine a quelle della luce, allora si costruiranno astronavi autosufficienti, “mondi” capaci di trasportare migliaia di persone. Ma che cosa può accadere a un’astronave di questo genere? Quali saranno le relazioni tra i “cittadini” astronauti, quale cultura si svilupperà dopo centinaia di anni?
Accanto alle astronavi-arca, appaiono le prime navi capaci di passare da un punto all’altro della galassia utilizzando l’iperspazio. Lo vediamo già nei racconti della Fondazione di Asimov: «Con un balzo improvviso, la nave mercantile si lanciò nella galassia diretta verso la Fondazione».
Come viaggiare nello spazio? Problemi fisici, filosofici, psicologici. Gli effetti della relatività, il “disadattamento” degli astronauti che tornano sulla terra, che incontrano amici ormai invecchiati, fidanzate magari già morte mentre per loro sono trascorsi solamente pochi mesi. La gravità artificiale e la mancanza di peso. Il cibo. La fantascienza si pone tutti questi argomenti e gli ingegneri degli anni Cinquanta che si occupano di spazio leggono fantascienza. Così Korolev, così Von Braun, che arriva anche a scrivere dei racconti di fantascienza spaziale.
Vengono proposte dalla fantascienza astronavi con energia atomica, derivante da fissione nucleare. Di questo tipo è l’astronave del celebre 2001: Odissea nello spazio, di Arthur Clarke, scritto dallo scienziato inglese in contemporanea con la realizzazione del film. L’astronave era la Discovery 1, realizzata con la consulenza di scienziati come Frederik Ordway, esperto di reattori nucleari. Un altro autore molto attento agli aspetti scientifici delle sue trame era il polacco Stanislaw Lem, che ha scritto memorabili pagine, a cominciare da Solaris e da L’Invincibile.
Ma per spingersi ancora più velocemente fra le stelle occorre qualcosa di ancora più potente. Una propulsione che abbia a che vedere con l’essenza stessa della materia. Ecco un brano tratto da un romanzo più recente, pubblicato in Urania nel 2004:
C’è una fornace immensa nella pancia dell’astronave. Un crogiolo che sviluppa energia superiore a quella delle stelle, più grande della fusione nucleare. Giù in fondo, nella coda dell’astronave, nella grande sfera, ci sono formidabili campi magnetici che tengono separata materia e antimateria. Ma non del tutto… Noi viaggiamo nell’universo e quando facciamo il grande salto annulliamo il tempo perché quell’energia ci consente di annullare lo spazio. Un salto. Quando salti ti sposti e la terra non la tocchi. Noi facciamo lo stesso: non tocchiamo né il tempo, né lo spazio. Usciamo. E rientriamo. Facciamo perdere la coerenza alle particelle… Ma che cosa accade all’astronave durante il passaggio? Quale realtà attraversiamo?
Il romanzo è Oltre il pianeta del vento, l’autore sono io.
Per approfondire:
- Aresi P., Oltre il pianeta del vento, Mondadori, Milano, 2005.
- Asimov I., Trilogia della Fondazione, Mondadori, Miano, 2004.
- Burroughs E.R., John Carter di Marte, Newton Compton, Roma, 2012.
- Clarke A.C., 2001: Odissea nello spazio, Nord, Milano, 2008.
- Lem S., L’Invincibile, Mondadori, Milano, 1983.
- Lem S., Solaris, Sellerio editore, Palermo, 2012.
- Verne J., Dalla Terra alla Luna, in Verne J., I grandi romanzi, Newton Compton, Roma, 2012.
- Wells H.G., Avventure nella fantascienza, Ugo Mursia Editore, Milano, 2011.