Every need to which reality denies satisfaction compels to belief.
W. von Goethe, Elective Affinities, 1809.
Realtà virtuali e turismo: concetti in divenire di esperienza e viaggio, che per affinità e necessità iniziano a trovare i primi punti di contatto. Rapporto che necessita di essere compreso e indirizzato perché, in futuro, si esprima al massimo del suo potenziale.
Alla realtà virtuale sono applicate diverse scienze tecnologiche per creare quello che viene definito virtual environment (VE): un ambiente 3D esperito attraverso i sensi, il movimento e attraverso l’accesso a informazioni in forma verbale o scritta (Burdea e Coiffet, 2003). L’applicazione di simili tecnologie può generare diversi tipi di ambiente che possono essere classificati su un continuum, a seconda del livello di immersività. Prima, la augmented reality (Milgram et al., 1994), un ambiente in cui informazioni addizionali generate da un computer vengono trasmesse ai sensi dell’utilizzatore alla vista di una situazione nel mondo reale (Wang, 2007); a livello intermedio si colloca la mixed reality che mescola elementi del mondo artificioso con quelli del reale; infine, la true virtual reality (VR), che consiste nell’immersione completa in un mondo interamente artificiale e costituisce il focus del presente contributo.
A questa realtà, che solo ora sta iniziando a esprimere il suo potenziale, si affianca quella turistica, che sta attraversando una fase di profonda riforma. Questa particolare pratica sociale e culturale, spesso ridotta a un mero insieme di attività economiche, divenuta una modalità significativa attraverso cui la moderna vita transnazionale è organizzata (Franklin e Crang, 2001), è oggi soggetta a tendenze che sollevano problematiche non trascurabili per il suo futuro. L’overtourism sta trasformando celebri mete turistiche in sovraffollati parchi divertimenti, l’avvento della sharing economy applicata a questa sfera sta creando gravi scompensi al settore alberghiero, nuove modalità di turismo, come l’experiential tourism, stanno spostando i flussi turistici fuori dalle rotte abituali e le tecnologie informatiche hanno permesso, a chiunque ne abbia l’intenzione, di organizzare le proprie esperienze in maniera del tutto autonoma e personalizzata.
Il mettere in relazione due realtà in divenire come quelle sopra introdotte, di cui una sta iniziando a diffondere il suo potenziale mentre l’altra necessita di approcci innovativi perché i cambiamenti che la stanno attraversando non ne stravolgano gli equilibri, ha lo scopo di indagare come le realtà virtuali possano dare risposta ai bisogni emergenti del settore turistico.
La motivazione di un simile approccio risiede nell’affinità di questi due ambiti. Entrambi, infatti, hanno la prerogativa di fornire esperienze al di fuori dell’ambiente abituale. Come suggerisce la definizione che la UNWTO dà di “visitatore”: «A visitor is a traveller taking a trip to a main destination outside his/her usual environment, […] for any main purpose (business, leisure or other personal purpose) […]» (UNWTO Glossary of tourism terms), facilmente attribuibile anche a un utente di VE.
Questa sovrapposizione semantica di ambiti così distanti lascia pensare a una loro possibile integrazione, avente come risultato un reciproco vantaggio: diffusione e implementazione per le realtà virtuali e un effetto rigenerante e rinvigorente per l’industria turistica. Ma, come?
Realtà virtuale
Virtual reality has the potential to profoundly alter human society […], by altering our perceptions and interactions.
(Koltko-Rivera, 2005)
Il sogno cosciente. Uno dei desideri più reconditi e radicati nell’animo umano: un luogo dove nulla è impossibile e tutto l’immaginabile lecito. Oggi, nelle prime decadi del terzo millennio, non si tratta più di pura utopia, ma di sviluppare la tecnologia adatta a sostenere i nostri sforzi immaginifici.
Le ICT sono una delle motrici di questo andamento. Tra queste, la realtà virtuale è il faro apripista. Con VR ci si riferisce a una esperienza immersiva e interattiva in tempo reale costruita su immagini grafiche 3-D generate da un computer; qui i partecipanti vedono immagini stereoscopiche o bioculari, ascoltano suoni tridimensionali e interagiscono con un mondo 3-D indipendente (Pimental e Teixerira, 1995; Zeltzer, 1992). Un altro aspetto sostanziale della realtà virtuale, come sottolineano nella loro definizione di VR Burdea e Coiffet (2003), è il coinvolgimento della percezione sensibile dell’utente nell’ambiente virtuale. Dunque, quanto propriamente viene simulato sono le percezioni dell’utente, “ingannate” dal computer, che garantisce immersione fisica e presenza psicologica (Gutierrez et al., 2008). Quanto si sta delineando è un futuro nel quale l’essere umano sarà intimamente legato alla sua rappresentazione generata da segnali elettronici (Schroeder, 1994).
La VR affonda le sue radici teoriche nella fantascienza di inizio Novecento, ove viene teorizzata una tecnologia che permette alle persone di connettersi a una macchina che ne simula i sensi attraverso impulsi elettrici. Solo a partire dagli anni Novanta si arriva alla formulazione e applicazione dei paradigmi tecnologici che oggi governano le tecnologie immersive. Dopo decenni in cui sono stati coinvolti solo innovators ed early adopters, la tecnologia VR è oggi nella sua “prima maturità”. Tempo in cui inizia a incontrare aspettative ed esigenze dell’utenza. Fase che vede le ultime espressioni della tecnologia tracciare la strada maestra verso un futuro che, come i ricercatori del campo si augurano, rivelerà una VR senza soluzione di continuità. Ambizione supportata dai prodotti ora disponibili sul mercato: visori sempre più vicini alla qualità della vista umana, tute e guanti aptici in grado di trasmettere percezioni tattili specifiche e ricreare la consistenza degli oggetti, e dispositivi mobili che permettono di muoversi in totale libertà nel VE.
La nuova ondata di entusiasmo per le tecnologie immersive, indissolubilmente legata al loro perfezionamento, sta portando al superamento dei fattori esogeni ai quali si attribuisce la diffusione di una innovazione (Rogers, 2003). La complessità è ridotta al minimo: anche un semi-analfabeta digitale potrebbe far fronte ai problemi di usability. La testabilità delle tecnologie immersive è ormai diffusa, negozi e centri commerciali spesso allestiscono postazioni per “immersioni di prova”, possibili anche grazie alla commercializzazione di dispositivi che trasformano i comuni smartphone in elementari piattaforme VR a prezzi modici. Oggi è anche facile osservare le VR all’opera, saggiarne le potenzialità mirandone i possibili vantaggi attraverso le numerose piattaforme di condivisione on-line, o all’interno di fiere ed eventi, dove i first movers danno dimostrazione delle sue applicazioni e pregi.
Si è inoltre registrato un progressivo innestarsi delle tecnologie immersive all’interno del discorso pubblico grazie alla diffusione di concetti e spunti di riflessione da parte dell’industria culturale (Hirsh, 1972; in Griswold, 2005). Decenni di romanzi, racconti brevi, pellicole cinematografiche relativi alle VR hanno plasmato l’idea del consumatore a riguardo, predisponendola ad accettare e comprendere queste tecnologie e rendendole, di fatto, sempre più compatibili con il sistema valoriale dominante. In ultimo, grazie al costante progresso tecnologico che sta interessando il mondo delle realtà immersive, e ai risultati sopracitati, queste stanno diventando una scelta sempre più vantaggiosa per chi ne fa uso, elemento chiave per la loro diffusione in molteplici ambiti. Una pervasività dalla quale il settore turistico non è escluso e in cui le tecnologie immersive trovano applicazione a diversi livelli.
Il primo ambito in esame è quello dell’intrattenimento turistico. Ci si riferisce in particolare a strutture votate all’intrattenimento che basano la loro offerta su esperienze di realtà virtuale: il location based entertainment. Con la nascita di numerose attività che hanno fatto delle VR il proprio core business (East Science Valley, VR Arcade, The Void e IMAX VR sono alcuni esempi), in molte metropoli del globo è possibile fare esperienze interattive diverse e con diversi gradi di coinvolgimento, dove avventurarsi da soli o in gruppo, per affrontare prove adrenaliniche o esplorare mondi fantastici. La persona ospite non si reca presso queste strutture solamente per passare qualche momento di piacevole svago: si immerge in un ambiente lontano dal proprio, utilizzando il mezzo tecnologico per giungervi. Un altro esempio di intrattenimento assimilabile all’esperienza turistica, da consumarsi tra le mura domestiche, è l’esperienza esplorativa di ambienti reali mediata da VR. Simili esperienze permettono di saggiare panorami e luoghi impossibili da raggiungere ai più, dall’esosfera terrestre alla cima del monte Everest, fino all’interno della Casa Bianca; oppure, semplicemente, visitare metropoli lontane, villaggi tribali e famosi parchi nazionali.
Spostandosi alla sfera del turismo culturale, settore in cui le VR hanno trovato il terreno più fertile per la loro diffusione, non senza i limiti dettati dai costi molto elevati di allestimento del VE e manutenzione degli hardware, ci si trova di fronte una vasta gamma di applicazioni dai diversi risvolti. La prima, per importanza sociale, è il loro impiego nella divulgazione culturale per veicolare in maniera più accattivante i contenuti delle esposizioni, un medium in grado di integrare l’offerta con nuovi elementi e di riprodurre esperienze capaci di creare ricordi persistenti e intensi. Esplorazione di paesaggi pittorici portati digitalmente alla vita, o di ambientazioni storiche a cui ne è stata data una seconda, sono la quintessenza di come le VR hanno preso parte al turismo culturale, dettando, per altro, la nascita di due nuovi paradigmi del turismo museale.
Primo, legato alla nascita di strutture fisiche in cui si offrono esperienze VR legate alla scoperta culturale, che come nelle mostre temporanee dei comuni musei, cambiano nel tempo, garantendo così un’offerta pressoché illimitata. Un adattamento del location based entertainment virtuale alla sfera culturale e museale. Secondo paradigma nascente è quello del museo senza sede fisica, di cui è massimo esempio il Kremer Museum. Visitabile esclusivamente nel cyberspazio, dove è creata la sua struttura e sono riprodotte le opere in esso contenute, si erge a manifesto del concetto di nuovo volume di realtà.
In un simile frangente, infatti, emerge una prima esperienza di quella che sarà la portata riformatrice delle tecnologie immersive applicate al settore turistico, destinate a trasformarne radicalmente i profili. Esposizioni di fotogrammetrie delle opere, osservabili come mai sarebbe possibile per i non addetti ai lavori, ospitate da architetture impossibili visitabili con un qualunque terminale VR. Mostre che radunano manufatti artistici altrimenti sparsi per il mondo, appartenenti a collezioni private o che non possono essere esposti per evitarne il deterioramento. Un modello virtuoso sia per quanto concerne la diffusione culturale, sia per la sua conservazione e restauro. Due rami fondamentali quando si parla di patrimonio culturale, ambito nel quale le VR stanno diventando un sempre più utile strumento. Questi, infatti, hanno ora i mezzi per riportare al pubblico gli antichi fasti di siti storico naturalistici, deteriorati dal tempo e dal fenomeno turistico, in maniera definitiva, favorendone al contempo la conservazione nella realtà fisica.
Esistono altri due ambiti interni al settore turistico in cui le VR si stanno diffondendo. Per quanto in fase embrionale, data la scarsa diffusione e le sperimentazioni per ottimizzarne applicazioni e outcome specifici, le realtà immersive trovano diffusione nell’industria alberghiera e nelle agenzie turistiche. Nell’industria alberghiera e promozionale le VR trovano impiego come strumento di marketing e brand building. Attirare l’attenzione del pubblico (B2B e B2C) con mezzi avveniristici e capaci di creare curiosità nell’utenza, conferire un’immagine moderna e innovativa alla propria offerta e sfruttare tecnologie suggestive per sponsorizzare i propri prodotti, sono le principali ragioni di questa propagazione. Pratiche fondate sul concetto di “pre-esperienza”: applicando le qualità immersive delle VR si fornisce, tramite i virtual tours (Wan, Tsaur et al., 2007; Guttentag, 2010), un assaggio dell’ambiente fisico di cui si ha la possibilità di fare esperienza, registrando un miglioramento delle conversioni in vendite nella sfera promozionale e la comparsa di uno strumento inedito per il crosselling.
Verso il futuro delle realtà virtuali
Si è fin qui visto come le tecnologie immersive abbiano fatto ingresso nel discorso pubblico (Griswold, 2005), acquisendo significato nel corso degli anni e divenendo un oggetto culturale capace di permeare e plasmare la nostra realtà e le modalità con cui essa viene percepita. In questa sezione ci si propone di esplorare le possibilità che i “visitatori” di realtà virtuali avranno in futuro, attraverso due questioni: cosa è possibile aspettarsi per i “visitatori” di VE nel futuro? Cosa ci si deve aspettare dal futuro dell’intrattenimento e dell’offerta turistica nel quale ambienti virtuali immersivi e interattivi saranno parte del quotidiano?
Nel tentativo di dare risposta a questi quesiti si sono prese in analisi le parole di testimoni chiave e i prodotti dell’industria culturale che hanno tra i loro contenuti delle visioni sui possibili impieghi delle VR. In particolare, ci si sofferma sull’industria cinematografica e sulle trasposizioni che questa ha proposto di testi fantascientifici costruiti con grande cura e lungimiranza dagli autori. La scelta ricade su simili prodotti della pop culture per il medium da cui sono veicolati, capace di raggiungere una grande quantità di soggetti, avviando così, all’interno del discorso pubblico, una riflessione critica con focus sulle tecnologie immersive. Da questa analisi emergono i potenziali latenti racchiusi in queste tecnologie.
In primis, sarà plausibile attendersi una vastissima gamma di esperienze e sensazioni riproducibili, fino a quelle in cui vengono del tutto stravolte fisicità e apparato sensibile dell’utente. Un potenziale che, però, può condurre a questioni etiche e di carattere psicologico non trascurabili. Nella possibilità di alterare in profondità percepito e fisicità di un soggetto, se questo non è adeguatamente socializzato all’utilizzo critico e consapevole di simili tecnologie, il rischio risiede nel proporre esperienze snaturate e snaturanti, data l’assenza di un substrato reale, capaci di influenzare in profondità la psiche, con conseguenti effetti perversi nello sviluppo della personalità e del senso identitario.
Secondo aspetto ad emergere è la possibilità di personalizzare l’esperienza del VE in base alle specifiche richieste ed esigenze dei clienti. Una prospettiva dalle fortissime implicazioni. Qualora divenisse operativa, sancirebbe una svolta epocale per queste tecnologie, che supererebbero il confine tra esperienza personale e sogno cosciente individualizzato, sancendo la loro definitiva diffusione globale. Un simile aspetto, come il precedente, avrebbe implicazioni di tipo etico e psicologico derivanti dal rischio di effetti perversi sulla psiche e sul comportamento dei soggetti nel mondo reale. Sarebbe possibile infatti sfogare le pulsioni violente su soggetti realmente esistenti, o cercare forme di gratificazione fittizia che si esaurisce non appena l’immersione virtuale si conclude. È infatti ragionevole pensare che simili situazioni non darebbero la soddisfazione sperata derivante dallo sfogo virtuale della pulsione antisociale, finendo per alimentare il desiderio di mettere in atto i comportamenti dei quali si è “saggiato” l’effetto psicologico (per alcuni esempi: Anderson et al., 2003; Teng et al., 2011). O, al contrario, il potenziale supporto psicologico che un’esperienza immersiva personalizzata può portare a una mente stressata e frustrata sarebbe limitato al lasso di tempo in cui si è immersi nel VE, con il rischio di aumentare ulteriormente la pressione psicologica. Un’ulteriore risultante delle esperienze personalizzate è il transfert delle abilità dal mondo virtuale a quello fisico, con tutti i rischi fisici e psicologici che derivano da una simile distorsione. Esternalità che può essere annullata, insieme a quelle derivanti dalla spersonalizzazione degli avatar virtuali, dal prossimo punto dell’analisi: la possibilità di creare esperienze immersive dove la fisicità dell’utente è ricreata con fotorealismo all’interno del VE, in cui vengono meno tutte le forme di alterazione virtuale dell’individuo immerso e delle sue possibilità.
Parallelamente a questo tipo di VR, in cui, sostanzialmente, le possibilità reali vengono trasferite a un livello di realtà diverso da quello fisico, si sviluppano ambienti virtuali dove il possibile è limitato esclusivamente dalle capacità e dall’inventiva degli sviluppatori. VE che incarnano quanto Jaron Lanier definisce shared intentional waking state dream (Lanier, 2019). VE simili, per quanto in grado di far sognare ad occhi aperti, avrebbero delle esternalità imprevedibili sul pubblico, con forti rischi per la psiche e il comportamento. Infatti, un VE come quello appena considerato – condiviso, altamente immersivo e onnipervasivo, in cui la personalità è del tutto messa da parte per fare spazio a un avatar senza nessuna affinità con chi lo manovra – finirebbe per socializzare soggetti incapaci di interfacciarsi in una realtà diversa da quella virtuale, essendo stati privati di relazioni interpersonali genuine e spontanee come quelle che intercorrono nella vita quotidiana; un circolo vizioso che si chiude con soggetti che, incapaci di relazionarsi in maniera soddisfacente con i mondo esterno, accantonano la loro identità a favore di quella del proprio avatar. Ambienti di cui esistono versioni in beta, i cui limiti sono destinati a progredire ad infinitum non appena modders e stakeholders avranno raggiunto un numero tale da creare un ecosistema in costante evoluzione dove le idee di migliaia di utenti prenderanno forma.
A simili trend si accosta l’evoluzione di due tecnologie, anch’esse con una lunga tradizione letteraria alle spalle, le quali hanno in sé il potenziale di annullare definitivamente la soluzione di continuità tra realtà fisica e virtuale. La prima è l’interfaccia neurale (BCI): un sistema di comunicazione, comprendente hardware e software, che rende possibile la comunicazione tra soggetti senzienti e dispositivi tecnologici mediante l’attività elettrica cerebrale (Akkar e Jasim, 2017). La loro evoluzione ha reso possibile il controllo di software attraverso il solo pensiero, e nel corso del tempo saranno possibili interazioni sempre più raffinate e complesse. Il potenziale di simili interfacce è incontestabile, e se lo si pensa applicato alle VR è facile che la mente viaggi fino a raggiungere scenari in cui è possibile agire ed esperire VE in modo totale direttamente dal proprio cervello. Un’evenienza che nel 2016 Dan Cook, fondatore di EyeMynd, compagnia pioniera nella creazione di tecnologie brainwave-reading, pronosticava come ovvia nell’arco di dieci anni. La seconda, l’intelligenza artificiale, consiste in software che replicano funzioni cognitive normalmente associate alla mente umana, come apprendimento e problem solving (Russell e Norvig, 2009). Caratteri che in un futuro, certamente non di lungo corso, faranno di questi software vere e proprie personalità sintetiche elementari; la possibile popolazione autoctona dei VE.
Quello che si sta delineando è un futuro in cui la gratificazione virtuale istantanea ottenuta tramite VR darà sfogo a pulsioni e desideri, un futuro dove la fuga dalla realtà, a favore di una virtuale, sarà una valvola di sfogo comune per le frustrazioni della vita reale (Koltko-Rivera, 2005). Un futuro in cui l’autenticità, in qualità di fenomeno sociale negoziabile (Cohen, 1988), sarà attribuita anche alle esperienze virtuali. Un futuro in cui i visitatori di ambienti virtuali entreranno a far parte degli ordini del giorno delle assemblee della World Tourism Organization, alla quale spetterà il difficile compito di gestire i cambiamenti che l’uso estensivo delle VR genererà nell’ambito turistico (Cheong, 1995; Guttentag, 2010). Dunque, quanto rimane da domandarsi è: in quale maniera il mondo delle realtà virtuali immersive sarà legato all’industria turistica e alberghiera? Quali saranno le caratteristiche della loro interrelazione?
Scenari espolaritivi
Nel tentativo di dare risposta ai quesiti posti si è avviata una analisi dei processi sistemici per fare emergere gli elementi, quasi impercettibili, di oggi, che potrebbero essere la normalità di domani, proiezioni dei trend che è possibile osservare nel presente (Arnaldi, 2012; Poli, 2019). Questo è stato fatto attraverso una analisi ambientale dei fattori sociali, scientifico-tecnologici e culturali – con una particolare attenzione su questi ultimi data la necessità di comprendere e valutare il sintomatico ritardo culturale rispetto all’evoluzione tecnologica – che ha incluso letteratura bianca e grigia, e i prodotti delle industrie culturale e tecnologica. A questa è seguita l’analisi dei fattori esogeni che favoriscono la diffusione delle VR: vantaggio relativo, compatibilità con il sistema dominante, complessità e testabilità (Rogers, 2003). Simili analisi hanno portato a scenari intuivi (metodo Shell): costrutti dell’immaginazione (Ratcliffe, 2000) elaborati su quanto lo scanning ambientale ha delineato, e sulle dichiarazioni emerse durante le interviste strategiche semi-strutturate condotte a tre testimoni chiave provenienti dall’ambito psicologico, del management turistico e della futurologia applicata al marketing.
Gli scenari esplorativi (sistematiche ed esplicite narrazioni di futuri possibili) prodotti, basati sui cluster che raccolgono le forze che determineranno il futuro (Poli, 2019) delle VR, sono ambientati in un arco di medio-lungo periodo (15-25 anni). Fondamentali sono i due cluster incerti – la cui realizzazione o meno sarà determinante per le tecnologie immersive nel turismo del futuro – che coincidono col progresso delle BCI fino a essere in grado di trasmettere stimoli direttamente al sistema nervoso dell’utilizzatore, e l’accettazione delle esperienze virtuali come gemelle delle esperienze reali. A seconda dei possibili esiti di queste variabili, incrociati tra loro in una matrice di contingenza, si sono create le quattro narrazioni che seguono.
Rifugio-Hotel 4.0
Alexei e Romina sono sulla strada del ritorno. Sul versante nordoccidentale del massiccio del Brenta, direzione Madonna di Campiglio, è pomeriggio inoltrato e il cielo inizia rapidamente a rannuvolarsi con l’alzarsi dei venti notturni. Intirizziti dall’aria pungente, alzato il bavero, accelerano il passo sul sentiero innevato ormai prossimi al rifugio hotel Stella Alpina, una struttura moderna che unisce tradizione, panorami stupendi e tecnologia. Per due alpinisti della vecchia scuola come loro, ma abituati ai comfort della moderna Mosca, scegliere un simile scenario è stato spontaneo.
Per la cena di questo 3 dicembre 2041 hanno prenotato l’esperienza proposta dallo chef sulle specialità casearie del Trentino. Preso posto nelle poltroncine imbottite al tavolo della cena, predisposto nella loro stanza privata, li raggiunge un membro del personale spingendo un carrello di servizio; dopo un cordiale saluto porge loro le VR Mask da indossare per iniziare l’esperienza scelta. L’inconfondibile profumo dei prati montani scaldati dal sole di primavera, lo stridere di un rapace in lontananza. Romina e Alexei sono lanciati a volo d’uccello sopra un alpeggio in primavera, il sole scalda la loro guancia destra mentre mucche e capre di tutte le pezzature ruminano serafiche sotto di loro. Si sorridono l’un l’altra con sguardo compiaciuto mentre atterrano accanto a una piccola malga; qui li accoglie un giovane rubicondo che li invita a seguirlo all’interno con un perfetto accento del bacino rurale moscovita. Lo seguono nella stalla dove ha già iniziato a mungere uno dei capi presenti; Romina, curiosa, gli chiede quali erbe usino per conservare le forme in stagionatura in questa zona delle Alpi, dando inizio a una animata conversazione che prosegue nei locali di stagionatura.
Al termine del breve tour vengono condotti attraverso una scricchiolante porta di legno; al di là della quale si trovano in una moderna cucina accessoriata di tutto punto dove numerosi tegami liberano nell’aria appetitosi aromi. Qui vengono ricevuti dallo chef del rifugio conosciuto la sera prima. In un sofisticato accento pietroburghese descrive loro il menù scelto per la cena – dalle finestre della cucina si intravede il paesaggio del Brenta innevato all’imbrunire – mostrando alcuni passaggi per la sua preparazione e rivelandone alcuni segreti con un fare ammiccante e sornione che strappa una risata agli astanti. Dopo alcuni minuti, entra in cucina il cameriere conosciuto poco prima; il quale, nello spigliato inglese dalle vocali cantilenate con cui si era presentato, invita cordialmente la coppia a seguirlo fuori dalle cucine. Vengono condotti a sedere alle poltroncine su cui si erano accomodati circa venti minuti prima, ora il tavolo davanti a loro, precedentemente spoglio, è elegantemente apparecchiato.
Le immagini davanti ai loro occhi si dissolvono lentamente. Rimosse le maschere si trovano davanti al tavolo imbandito; accanto a loro il cameriere sorride e annuncia che la cena è servita.
L’isola dove non c’è
È la terza volta che volo su Zhengzhou e ogni volta, uscito dal perimetro dell’aeroporto, sono perso. Aria, lingua e colori non mi appartengono. Il mio bagaglio ronza qualche passo indietro mentre cammino verso la macchina a me riservata. Imposto la destinazione, Xuchang, Dexing Rd., e abbandono la testa contro il finestrino; prendo coscienza del fatto che le uniche persone in carne e ossa con cui avrò una conversazione in queste due settimane saranno Hui, Jian e Shu. E se avrò fortuna qualche altro avventore dell’hotel. La desolazione anomizzante trasmessa dalle unità abitative simili a colossali arnie polverose si insinua nel mio umore. Le prime torri di raffreddamento e i primi complessi industriali corrono lungo la strada.
“Vedrai il mondo!”, dicevano. Sì, vedrò i luoghi più inospitali, del mondo. A salvarmi è il pensiero che non sarà tragico come la prima volta nel 2040: hotel megalitico quasi del tutto vuoto, i pochi, impomatati dalla ventiquattro ore sempre in mano, percorrevano i corridoi ad ampie falcate impegnati in animati soliloqui, colleghi ripetitivi e poco stimolanti. Diciotto giorni di noia sconvolgente. Per fortuna, con l’espansione industriale dell’area, un hotel della zona si è aggiornato per ospitare trasfertisti in questo distretto desolato e insalubre.
Alla reception vengo accolto da un saccente robot, tanto raffinato da parlare con l’accento della mia provincia non appena gli comunico il mio nome. Le informazioni e la chiave della stanza mi vengono immediatamente inviati sullo smartphone. Il bagaglio mi precede in camera mentre io approfitto per raccogliere qualche informazione su come funzioni il pacchetto “Foreign Assignment Entertainment”. Ho accesso ai VR Pod ogni giorno previa disponibilità, e hanno aumentato il numero di Pod disponibili rispetto all’anno passato, mi pare fantastico! Il meccanico compiacimento dei robot “lusingati” mi disturba. Le luci del corridoio si accendono al mio passaggio guidandomi alla mia camera. Il pensiero di passare la giornata successiva, e tutte quelle che seguono, a monitorare che due linee di produzione appena installate funzionino a dovere mi fa cadere in un profondo sonno.
Le prime ventiquattr’ore sono passate, sufficienti perché i miei occhi siano già logorati dal grigio del paesaggio e dall’azzurro dei led. Un nodo allo stomaco mi riporta alla mente le 430 ore di quattro anni fa. “Ma stasera ci si diverte!”
Ho già fatto un programma da condensare nelle tre ore a disposizione nel Pod: anche se il limite legale di ore, da quando alcuni “tossici” si sono fritti il cervello, è quattro, mi accontento; è ragionevole che vogliano evitare complicazioni. Alle 21,25 una cortese hostess bussa alla mia porta; sarà lei a seguire la mia esperienza, dalla vestizione fino al risveglio. L’area Pod è al piano terra, il luogo più sicuro dove alloggiare decine di persone incoscienti, completamente inermi. Per lo meno qui nel mondo vero. Una volta immersi è impossibile immaginarsi in questo modo; a tanta gente forse nemmeno interesserebbe essere “staccata” e accetterebbe di buon grado di vivere nel paese delle meraviglie, tra colori brillanti e sensazioni forti. Ma quanto varrebbe la gioia senza una realtà che la può negare?
Ci fermiamo davanti alla mia postazione: la hostess mi agevola nell’infilarmi la tuta, necessaria perché la trasmissione di impulsi elettrici ai miei nervi sia efficace nelle zone più periferiche. Mi alza sulla testa l’interfaccia neurale collegata alla tuta e mi fa accomodare nel VR Pod: una capsula metallica foderata di morbidi cuscini che fasciano il corpo per evitare che spasmi danneggino te, o la tuta, per l’intera durata dell’immersione. Dalla sede per la testa sbucano due cavi, grossi tentacoli da connettere all’interfaccia; la hostess mi copre gli occhi con l’apposita piastra e, in cinese, mi augura un buon viaggio. “Xiè xie nǐ!”
Gita alla Serenissima
Novantuno anni e pochissimi rimpianti. Solo uno me ne viene in mente: visitare Venezia. Da Tucson a Venezia c’è tanta strada da fare per una signora della mia età, i miei figli sono impegnati col lavoro, e comunque i prossimi ingressi turistici per Venezia sono disponibili nel 2042. Tra tre anni! Gli italiani e l’organizzazione, bah! Per fortuna mio figlio e mio nipote sono appassionati di tecnologia e si sono comprati una di quelle tute che ti fanno sentire in un posto anche se non ci sei, diavolerie che fanno paura, ma solo finché non si sono provate… la barriera corallina è meravigliosa.
Costerà un po’ l’esperienza veneziana, ma che diamine, di certo meno che viaggiare fin laggiù, e poi ho la mia età, non possono pretendere che tra tre anni, a Dio piacendo, avrò ancora le energie per affrontare un simile viaggio. 450$ non sono pochi, ma Anrietta che è stata a Machu Picchu mi ha detto che ne vale la pena. Alkali e mio nipote Jaron stanno scaricando la macchina nel vialetto. Io penso a Rialto, al Canal Grande e a Murano; per quanto alla mia età sia possibile, sono trepidante!
Il pacchetto che ho scelto comprende un totale di 20 ore di esperienze da consumare in non più di una settimana. La scelta è enorme, io ho scelto tour guidati della città: visitare le vetrerie di Murano, San Marco e il Palazzo del Doge, un tour delle Calle “segrete”, un immancabile giro in gondola, e vorrei tanto passeggiare per la città quando è allagata. Deve essere così particolare! Mi hanno detto che questo periodo primaverile è perfetto per godersi la città, ma l’acqua alta è una cosa invernale, o almeno lo era. Quando espongo questo mio rammarico, mio nipote mi comunica pacioso che posso scegliere se immergermi nella Venezia in tempo reale o in qualunque altro momento dell’anno grazie a un sistema di videocamere a 360° costantemente in funzione. “Allora voglio vedere anche il famoso carnevale!” Jaron se la ride dicendo che non c’è problema.
La postazione è allestita. Per oggi ho in programma un giro per le vie della città e sul Canal Grande, giusto per farmi un’idea e prendere confidenza con queste diavolerie tecnologiche. La mia guida sarà il mio veneziano preferito: Terence Hill. Che bel ragazzo era in quei film western! L’attrezzatura è pronta. La tuta è adagiata sul divano accanto alla maschera, ovale e traslucida, i guanti sul tavolino, al centro, la piattaforma multidirezionale. Ammetto che un po’ mi spaventa: sembra difficile starci in equilibrio.
Jaron e il padre guardano con aria soddisfatta la loro attrezzatura; mi fanno cenno di avvicinarmi. Alkali mi fa le ultime raccomandazioni, mi promette che la piattaforma è sicura e si muoverà solo una volta che sarò assicurata ai tiranti, i quali, insieme alla tuta, mi sosterranno in qualunque posizione, in piedi, chino e seduto grazie a delle piastre speciali poste tra i vari strati di tessuto che si flettono e irrigidiscono secondo le esigenze. Mi spiega anche che io sarò una specie di fantasma, ma che per dare più spessore alla simulazione se toccherò qualcosa avrò una risposta tattile e potrò parzialmente modificare l’ambiente che mi circonda. Tutte le persone con cui parlerò saranno intelligenze artificiali o personale apposito che gestisce i turisti virtuali della laguna. “Mi basta. Sono pronta!” Jaron mi aiuta a indossare la tuta mentre mio figlio mette mano al computer per inserire i dati necessari. Salgo sulla pedana e allaccio la cintura, Alkali mi passa la VR Mask e mi dice che inizierò da una gondola. Sorrido a tutti e due. “A dopo!”
Un odore salmastro diverso da tutti quelli sentiti prima mi pervade le narici, il sole splende in un cielo ceruleo, il rumore prodotto dall’acqua e dai motori delle altre barche è spezzato da un canto solare e del tutto incomprensibile, a emetterlo è il gondoliere intento a sospingere l’imbarcazione. Indossa la classica blusa a righe orizzontali bianche e rosse. Come mi scorge, un giovane Terence Hill spezza il suo canto per sorridermi allegro. Lo ricambio, non senza imbarazzo, e mi metto a giocherellare con una delle nappe ricamate sul cuscino della gondola …
Gita fuori porta 4.0
Finalmente le 15 di venerdì! L’orario più amato della settimana, e quello di questa settimana lo amo ancor di più. Sono ancora le 14 e 59 minuti quando faccio sgommare la mia T6 dalla postazione, è così che chiamo sarcasticamente le mie sedie a rotelle, in memoria della mia “ex” vertebra toracica, dato che tecnicamente prendono il suo posto. Scendendo le scale contatto alcune amiche per darci appuntamento nel week-end, organizzare incontri e orari. Una volta arrivata a casa non avrò molto tempo per prepararmi, per le 18-18.30 dovrò aver fatto il check-in ed essere già all’Every Environment Hotel.
Mentre la mia T6 a guida autonoma mi fa da chauffeur fino a casa, inizio a pregustarmi la sensazione della sabbia fresca sotto le dita dei piedi, il rumore della terra rossa del campo da tennis che corre sotto le scarpe e il Visual Sensational Concert dove J. Lanier, uno degli uomini a cui devo la mia libertà, dirigerà un’orchestra mista di avatar e intelligenze artificiali in uno show “in grado di far cambiare prospettiva sull’esistenza e la percezione”, almeno così lo commentavano sul Times…
Sono riuscita a fare tardi come al solito. Mentre la T6 mi dirige verso l’Every Environment, inizio le pratiche di check-in. Al mio ingresso nella hall la mia assistente sta già aspettando, se non ci muoviamo rischio di perdere l’inizio del concerto visto che le pratiche mediche per restare connessi per più giorni sono un po’ rognose. Ho prenotato fino a domenica sera nell’universo virtuale in cui sto per immergermi, un cosmo libero a cui chiunque può apportare modifiche, a patto di non interferire con l’operato altrui. Si stima abbia un diametro che supera l’anno luce grazie a tutte le creazioni degli utenti privati e business. Sono anni che ci vado – per fortuna le persone in condizione di disabilità grave hanno degli sgravi, altrimenti sarei già piena di debiti! – ma mi sento sempre una novellina. Ovviamente ho i miei luoghi preferiti, ma è come il mondo vero o internet, non basterebbero migliaia di vite per vistarlo tutto.
Vengo condotta alla postazione dove iniziamo le pratiche necessarie alla connessione e quelle mediche, necessarie alla sicurezza del mio cervello e al controllo di idratazione, nutrimento e funzioni fisiologiche. Naturalmente, una volta immersa mangerò, berrò, fumerò, ma saranno sensazioni fittizie, impulsi. Imposto le ultime preferenze per il mio avatar. Lo modifico molto spesso a seconda di come mi va’ e di quello che ho in programma, la sola costante sono i piedi scoperti. Per questa sera, al concerto, indosserò un elegante tubino nero, e basta: comfort e libertà totali, se capite cosa voglio dire. Magari questa volta mi andrà bene, sono passati mesi da quando ho avuto l’ultimo rapporto soddisfacente: tutti questi avatar maschili con genitali sovrabbondanti per nutrire il proprio narcisismo frustrato e non uno che si preoccupi di come dare piacere anche al prossimo. Peraltro, una stanza al Grand Budapest Hotel è meglio quando condivisa!
Mary Lee, l’assistente, con cui nel tempo sono entrata in buoni rapporti, completa gli ultimi preparativi mentre sono già alloggiata nel mio baccello. I miei viaggi iniziano sempre su una delle milioni di spiagge visitabili, le più belle del mondo e quelle create da designer e artisti… Stringo le dita dei piedi sulla sabbia fine e scura che mi solletica la pianta, davanti ai miei occhi si delinea un tramonto violaceo rigato da un’aurora boreale mentre un astro azzurro si abbandona sull’orizzonte marino…
Conclusioni
In queste narrazioni si sono esplorate le possibilità che emergono dai potenziali avanzamenti delle VR applicate al settore turistico. Si mostra come il turismo possa ricevere un impulso da queste tecnologie, e possa in esse trovare risposta per alcuni dei meccanismi che ne causano instabilità.
Nel primo scenario la narrazione considera le interfacce neurali come unidirezionali, utilizzate cioè solo per il movimento all’interno del VE, e le realtà virtuali come puro intrattenimento, senza assurgere al rango di esperienza reale. In questa eventualità l’interrelazione tra ambito turistico e VR potrà essere sfruttata per aumentare il valore attuale del prodotto per il turista. In ragione di ciò, sarà fondamentale fare leva sui punti di maggiore interesse dei vari prodotti turistici offerti e comprendere come questi debbano essere “virtualmente valorizzati” in modo da acquisire una maggiore scalabilità.
Il secondo propone un futuro dove le BCI hanno raggiunto un grado di avanzamento sufficiente a trasporre l’esperienza umana in un VE senza soluzione di continuità, ma attraverso l’uso di tecnologie ancora molto costose per essere a disposizione del cittadino comune e in cui le VR, oltre presentare rischi per la salute quando se ne abusa, possono essere considerate come una morbosa fuga dalla realtà. Queste ultime rappresenteranno un’opportunità se utilizzate per generare valore ex novo. Un’occasione per implementare strategie di brand building e creare dei service brand in ambito ricettivo, dove l’hotel stesso diventa prodotto per il turista. In un simile frangente sta al decisore comprendere quando l’offerta necessiti di un servizio immersivo, e quali contenuti siano più accattivanti per il tipo di clientela a cui si mira.
“Gita alla Serenissima” propone l’esperienza di una anziana signora in un futuro dove l’immersione virtuale è culturalmente accettata come esperienza reale e nel quale le BCI sono ancora limitate. In questo scenario si mostra l’eventualità in cui la realtà virtuale venga accettata socialmente come spazio per l’agire umano e il fare esperienze, divenendo, di conseguenza, possibile sostituta del turismo. Tale risvolto applicativo coinvolge persone a mobilità ridotta, categoria che rappresenterà una porzione sempre crescente dei turisti, e mostra le VR come strumento per arginare il fenomeno dell’overtourism. Possibilità che impone ai decisori politici delle aree più turisticizzate e a rischio overtourism un costante monitoraggio di questi trend, così da presentarsi come first movers nell’offrire esperienze virtuali di alta qualità con oggetto le relative aree di competenza, e non vedersi, così, sottrarre parte dalla domanda da altri stakeholders.
Il quarto scenario presenta la narrazione appartenente al futuro a noi più alieno. Un futuro in cui la realtà virtuale è considerata “realtà reale” e in cui il progresso tecnologico ha portato le BCI a trasmettere stimoli convincenti al nostro sistema nervoso centrale. Simili VR renderebbero necessaria una revisione dei concetti alla base di quello che è il fenomeno sociale, culturale ed economico del turismo. Infatti, la nostra protagonista diviene turista due volte, la prima in quanto ospite di una struttura attrezzata per offrire esperienze di realtà virtuale della durata di più giorni, quindi destinazione principale del “viaggio”; la seconda all’interno del VR, dato che la sua permanenza di più giorni all’interno del cosmo virtuale la fa rientrare pienamente nel rango di turista o overnight visitor secondo la definizione che ne dà la UNWTO. Se in questo scenario sono, infatti, contenute tutte le potenzialità dei precedenti, il mondo della ricezione turistica, alla luce di simili evoluzioni, si troverebbe davanti a nuove opportunità, ma anche di fronte a un nuovo tipo di turismo che rischierebbe di danneggiare o marginalizzare quello che oggi conosciamo, specialmente nelle aree del mondo dove il turismo è parte trainante dell’economia. Le opportunità risiedono, invece, nel fatto che potrebbero sorgere nuove categorie di strutture ricettive specializzate nella ricezione di questa nuova categoria di turisti virtuali. Inoltre, la possibilità di immergersi in una realtà virtuale di qualità simile a quella descritta, per un tempo prolungato, creerebbe opportunità inesplorate per la ricezione turistica, che troverebbe un nuovo spazio di investimento nel quale non esiste limite, se non l’immaginazione e le capacità di modellatori e designer.
Bibliografia
- Akkar H. A. e Jasim F. A., Brain Computer Interface Technology and Applications, a Survey, «International Journal of Computer Application», vol. 7 n. 3, 2017.
- Anderson C. A. et al., The influence of media violence on youth, «Psychological science in the public interest», vol. 4 n. 3, 2003.
- Arnaldi S., Poli R. (a cura di), La previsione sociale. Introduzione allo studio dei futuri, Carocci, Roma, 2012.
- Burdea G. C., Coiffet P., Virtual reality technology, John Wiley & Sons, New York, 2003.
- Cheong R., The virtual threat to travel and tourism, «Tourism Management», vol. 16 n. 6, 1995.
- Cohen E., Authenticity and commoditization in tourism, «Annals of tourism research», vol. 15 n. 3, 1988.
- Franklin A., Crang M., The trouble with tourism and travel theory?, «Tourist Studies», vol. 1 n. 1, 2001.
- Griswold W., Sociologia della cultura, Itinerari / Il Mulino, Bologna, 2005.
- Gutierrez M., Vexo F., Thalmann, D., Stepping into virtual reality, Springer Science & Business Media, Londra, 2008.
- Guttentag D.A., Virtual reality: Applications and implications for tourism, «Tourism Management», vol. 31 n. 5, 2010.
- Koltko-Rivera M. E., The potential societal impact of virtual reality, «Advances in virtual environments technology: Musings on design, evaluation, and applications», vol. 9, 2005.
- Lanier J., L’alba del nuovo tutto. Il futuro della realtà virtuale, il Saggiatore, Milano, 2019.
- Milgram P., Takemura H., Utsumi A., Kishino F., Augmented reality: A class of displays on the reality-virtuality continuum, «Telemanipulator and telepresence technologies», Vol. 2351, 1995.
- Pimental K., Teixeira K., Virtual reality, Intel/McGraw-Hill, New York, 1995.
- Poli R., Lavorare con il futuro: Idee e strumenti per governare l’incertezza, EGEA, Milano, 2019.
- Ratcliffe J., Scenario building: a suitable method for strategic property planning?, «Property management», vol. 18 n. 2, 2000.
- Russell S. J., Norvig P., Artificial Intelligence: A Modern Approach, Prentice Hall, Upper Saddle River, 2009.
- Rogers E.M., Diffusion of innovations, Free Press, New York, 2003.
- Schroeder R., Cyberculture, cyborg post-modernism and the Sociology of Virtual Reality Technologies: Surfing the Soul in the Information Age, «Futures», vol. 26 n. 5, 1994.
- Teng S.K.Z., Chong G.Y.M., Siew A.S.C. e Skoric M.M., Grand Theft Auto IV comes to Singapore: Effects of repeated exposure to violent video games on aggression, «Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking», vol. 14 n. 10, 2011.
- Von Schweber L., Von Schweber E., Virtually here, «PC Magazine», vol. 14 n. 3, 1995.
- Wan C. S., Tsaur S. H., Chiu Y. L., Chiou W. B., Is the advertising effect of virtual experience always better or contingent on different travel destinations?, «Information Technology & Tourism», vol. 9 n. 1, 2007.
- Wang X., Mutually augmented virtual environments for architectural design and collaboration, «Computer-Aided Architectural Design Futures – CAAD Futures», 2007.
- Zeltzer D., Autonomy, interaction, and presence, «Presence: Teleoperators & Virtual Environments», vol. 1 n. 1, 1992.
[…] meraviglia della natura non è come essere realmente sul posto, questo purtroppo va ammesso. Ma il turismo virtuale rimane comunque una bella opportunità, non solo di svago ma anche di conoscenza e di […]