Nell’anno 2100 il nostro pianeta sarà abitato da circa 11 miliardi di persone. È l’inaspettato scenario demografico dell’ultimo studio sui futuri tassi di crescita della popolazione mondiale, in controtendenza con quanto finora previsto dalla Population Division dell’ONU. Il nuovo report “World Population Prospects”, le cui sintesi sono state pubblicate lo scorso settembre sulla rivista Science, è il risultato di un’analisi condotta da un gruppo di scienziati dell’Università di Washington, in collaborazione con le Nazioni Unite.
Avvalendosi di una metodologia Bayesiana sul calcolo delle probabilità e analizzando le più recenti previsioni dell’ONU sulla crescita demografica in ogni singolo paese, lo studio stima una probabilità dell’80% che la popolazione mondiale possa aumentare dagli attuali 7.2 miliardi di persone ai circa 11 miliardi nel 2100 (valore medio in un range che va dai 9.6 miliardi ai 12.3 per l’anno di riferimento). Una differenza di 2 miliardi, quindi, rispetto a quanto pubblicato nell’ultimo rapporto delle stesse Nazioni Unite (World Population Prospects: the 2012 Revision), in cui era previsto un elevato tasso di crescita della popolazione mondiale fino al 2050 (9.6 miliardi di persone) e un suo successivo declino fino al 2100. Tali proiezioni indicavano la fine della crescita demografica mondiale negli ultimi 50 anni del nostro secolo, dovuta, soprattutto, ad un netto calo dei tassi di fertilità nella maggior parte dell’Africa sub-Sahariana. Lo scenario previsto si basava su un’analisi dei tassi di crescita della popolazione stimati per ogni singolo stato e influenzati da componenti come i tassi di fertilità, di mortalità e di migrazioni. Il risultato ottenuto rappresentava una sorta di “previsione media” tra uno scenario di high-projection (in cui al tasso di fertilità globale si aggiungevano 0.5 figli per donna) e uno di low-projection (sottraendo 0.5 figli per donna), il che indicava una proiezione di crescita demografica mondiale in un range il cui valore più alto raggiungeva i 16 miliardi di persone nel 2100.
Patrick Gerland, principale autore del nuovo studio e demografo per la Population Division dell’ONU, in un’intervista riportata dalla rivista Nature, spiega tale approccio come utile per rispondere a domande del tipo “what-if”, ma non realmente in grado di quantificare le probabilità di realizzazione delle previsioni fatte. Questo il motivo per il quale nell’analisi condotta con l’Università di Washington si è preferito un approccio di tipo statistico, con l’utilizzo, appunto, di una metodologia Bayesiana che permettesse di stimare le probabilità con cui la popolazione mondiale continuerà a crescere ad alti ritmi anche dopo il 2050. Il risultato a cui si giunge è che c’è una probabilità del 95% che la popolazione mondiale nel 2100 raggiunga una valore compreso tra i 9 e i 13.2 miliardi di persone e una probabilità dell’80% per cui tale valore sia compreso tra i 9 e i 12.3 miliardi.
Lo studio prevede che l’Asia continuerà ad essere il continente più popolato, anche se i suo tassi di crescita demografici subiranno un declino dopo aver raggiunto un valore massimo intorno al 2050. La maggior spinta, quindi, al continuo aumento della popolazione mondiale sarà data dalla crescita demografica del continente africano. Attualmente in Africa vivono circa 1 miliardo di persone che si stima possano diventare dai 3.1 ai 5.7 (con una media di 4.2 miliardi) entro la fine del secolo. La probabilità che ciò si verifichi è pari al 95%. Un così sostanziale aumento demografico nella regione africana, non previsto dalle precedenti analisi dell’ONU, dipenderà in buona misura dall’aumento dei futuri tassi di fertilità, dalla diminuzione della mortalità e dalla giovane età dell’attuale popolazione. Se infatti è dimostrabile che i tassi di fertilità africani hanno subito un declino negli anni passati, è altrettanto certo che in alcuni paesi del continente tale declino si trovi in una situazione di stallo. L’attuale tasso di fertilità nelle regioni dell’Africa sub-Sahariana, infatti, continua ad assumere più alti valori (4.6 figli per donna) rispetto agli altri paesi del mondo. Inoltre, nell’analisi di tale crescita gli autori del report non sottovalutano l’influenza che la lotta all’HIV sta avendo sui tassi di mortalità della zona. A tutto questo si unisce un insoddisfacente utilizzo di metodi contraccettivi, sostanzialmente rimasto vicino ai valori di 20 anni fa. Un esempio di come il declino dei tassi di fertilità nel continente africano stia vivendo uno stallo è dato dalla Nigeria. Nello studio si stima, infatti, il 90% delle probabilità che la popolazione nigeriana raggiungerà i 532 milioni di abitanti nel 2100, triplicando le cifre attuali.
Un ulteriore indicatore preso in considerazione dai demografi di Washington e ONU è l’età della popolazione per ogni singolo paese, misurata attraverso il PSR (potential support ratio) che è uguale al numero di abitanti di uno stato con un’età compresa tra i 20 e i 64 anni diviso per il numero di persone con più di 65 anni. Valore questo che può essere approssimativamente calcolato se si considera il numero di lavoratori per pensionato. I dati raccolti dimostrano che l’attuale popolazione nei paesi in via di sviluppo è molto più giovane di quella dei paesi più industrializzati, incidendo così sui tassi di fertilità. È chiaro, infatti, che un livello più alto di giovani nella popolazione comporta inevitabilmente la possibilità di avere più bambini. Attualmente il paese con il più basso PSR è il Giappone, ma le previsioni dicono che nei prossimi anni la Germania lo scavalcherà. Bassi livelli di PSR interesseranno anche la Cina e il Brasile, paesi in cui si passerà drasticamente da una popolazione relativamente giovane ad una molto più anziana. L’unico paese che non sarà interessato da così negativi livelli di PSR sarà la Nigeria. È evidente che queste stime devono far riflettere. I governi della maggior parte degli stati del mondo, compreso quelli di paesi emergenti come Brasile, Cina e India, dovranno essere in grado di far fronte a quello che diventerà un vero problema nei prossimi anni, prevedendo e mettendo già in opera, ad esempio, più forti politiche di sostegno agli anziani con un maggiore interesse a questioni come la sicurezza sociale, le pensioni e l’assistenza sanitaria.
Le previsioni stimate dagli autori del “World Population Prospects” sono, quindi, tutt’altro che ottimistiche, come loro stessi evidenziano nelle conclusioni dell’articolo su Science. Una rapida crescita della popolazione in paesi con alti tassi di fertilità farà sorgere una serie di sfide che i governi del mondo dovranno saper affrontare. Se le previsioni saranno confermate, la Terra sarà abitata da circa 11 miliardi di persone con tutte le relative conseguenze che questo dato comporta. Il report evidenzia come tutti i campi del vivere umano saranno necessariamente influenzati da questa stima: dal punto di vista ambientale, con uno sfruttamento sempre più intenso delle risorse naturali e con tassi di inquinamento sempre più alti; dal punto di vista economico, bisognerà far fronte a drammatici livelli di disoccupazione, bassi salari e povertà; dal lato sanitario, si assisterà a un aumento dei tassi di mortalità sia per le madri che per i figli; le sfide per la governance riguarderanno l’esigenza di maggiori investimenti nel campo dell’educazione, della salute e delle infrastrutture; e infine, dal punto di vista sociale, sarà necessario affrontare un probabile aumento del crimine e delle agitazioni.
Oltre a prevedere gli sforzi che dovranno essere compiuti prima che tale scenario si realizzi, i ricercatori si concentrano su due soluzioni che potrebbero essere utili per tenere sotto controllo i tassi di natalità, soprattutto nei paesi in via di sviluppo: un maggiore utilizzo dei metodi contraccettivi e l’incremento del livello di scolarità delle donne. Negli ultimi anni diverse sono state le spinte a sostegno di politiche per rendere sempre più accessibile l’utilizzo dei contraccettivi, ma è chiaro che si è ancora lontani dai livelli accettabili.
Infine, gli autori fanno notare come nell’analisi non si considerino potenziali feedback negativi da parte dell’ambiente, causati, appunto, dalla rapida crescita demografica: «L’aumento di diversi miliardi di persone nella sola Africa potrebbe comportare una grave carenza di risorse, che a sua volta influenzerebbe la dimensione della popolazione attraverso, ad esempio, più alti tassi di mortalità e migrazioni».
L’altissima probabilità, quindi, di vedere il nostro pianeta abitato da 11 miliardi di persone nel 2100, con la maggior parte della popolazione mondiale residente nei paesi in via di sviluppo, deve necessariamente far suonare un campanello di allarme. Il tema dello sviluppo sostenibile è connesso con quanto fin’ora analizzato. Parliamo, infatti, di “uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere le capacità delle generazioni future di poter soddisfare i propri”. La sfida diventa ancora più ardua se le generazioni future supereranno le dieci miliardi di persone.
Per approfondire:
- Gerland P. et al., World population stabilization unlikely this century, “Science”, vol. 346 n. 6206, 10 ottobre 2014.
- Shiermeier Q., World population unlikely to stop growing this century, “Nature”, 18 Settembre 2014, http://www.nature.com/news/world-population-unlikely-to-stop-growing-this-century-1.15956.
- United Nations, World Population Prospect: the 2012 Revision, Department of Economic and Social Affairs, Population Division, New York, 2010.