Introduzione – Anatomia dell’incertezza: il futuro nella voce dei demografi italiani
Carolina Facioni: Professor Golini, vorrei che facesse per i lettori di “Futuri” un quadro generale di quelli che Lei ritiene siano i rischi più forti, in termini demografici, che sta correndo il nostro pianeta, alla luce di quanto avviene in questo momento. È interessante che Lei tratteggi le problematiche demografiche…
Antonio Golini: Attuali?
F.: Assolutamente. Poi possiamo parlarne in prospettiva.
G.: Allora, diciamo che negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso – per non scomodare Malthus – si parlava di population bomb, di una bomba demografica dovuta a un eccesso di crescita della popolazione rispetto alla crescita economica, “bomba” che poteva “esplodere” con danni immensi per l’umanità. Oggi di bomba demografica non parla più nessuno[1], perché la crescita demografica mondiale è rallentata e si è capito che se non c’è istruzione, se non c’è salute, se non c’è, soprattutto, una nuova condizione della donna, questa crescita demografica non può rallentare più di tanto. D’altra parte il Primo Ministro indiano, parlando alla sua gente una ventina d’anni fa diceva – e io ero presente: «Io sono convinto che dobbiamo rallentare la crescita demografica attraverso un diffuso controllo delle nascite; ma se io vado a dire ai miei concittadini delle classi medio basse che dobbiamo fare controllo delle nascite, che dobbiamo rallentare la crescita demografica, loro non capiscono il perché, dal momento che in una economia come era quella indiana, a forte intensità di manodopera, ogni persona in più costituisce un gran valore». E quindi si è dovuto innescare un meccanismo virtuoso, in cui puntare su crescita economica, crescita della cultura e della salute, oltre che una nuova condizione della donna. Se non ci sono questi tre pilastri, un diffuso controllo delle nascite, evidentemente, non si ha.
Ora, che cosa succede: intanto, per metter su i tre pilastri ci vuole uno sforzo non indifferente, e non poco tempo. E poi, una volta che si è avviata, con la crescita economica, la crescita della cultura e la nuova condizione della donna, bisogna aspettare, perché le generazioni più vecchie difficilmente assorbono i nuovi modelli culturali e i nuovi modelli di comportamento, e quindi bisogna attendere che escano dalle età riproduttive le generazioni più vecchie e che entrino le più nuove, più sensibili e più attente a questi processi. Questo è avvenuto e sta avvenendo, tanto che nella politica di singole nazioni o di vari continenti dove non compare più l’espressione “population bomb”. In quasi tutti i tutti i paesi del mondo, la crescita demografica, che aveva destato tanta preoccupazione, è rallentata fortemente. Quindi, i vari Paesi – e soprattutto le unioni di vari Paesi – riescono a gestire abbastanza bene la crescita demografica, insieme alla crescita economica ed a quella sociale.
Il problema di gran lunga più rilevante rimane nella contrapposizione demografica tra Africa ed Europa, perché l’Africa è ancora a crescita molto elevata – 2% l’anno circa, il che, perdurando, significa raddoppio della popolazione in 35 anni – e l’Europa è invece a crescita zero – o, in qualche Paese, sotto lo zero. In particolare questa crescita molto forte si ha nell’Africa Sub-sahariana, che ha, sia alla sua destra che alla sua sinistra, due grandi oceani, mentre a Nord c’è un deserto e un “piccolo” mare, che è il Mediterraneo. Ora, avendo a destra e a sinistra due grandi oceani e sopra un piccolo mare, si capisce come l’eccesso di crescita demografica dell’Africa (rispetto alla crescita delle risorse economiche e sociali) tenda ad avere uno sbocco migratorio che non può che essere quello mediterraneo.