Penso che ogni uomo un po’ cosciente la senta violentemente questa vita cosmica. Per gli uni essa spinge all’isolamento e al ritorno all’unicità fondamentale della materia originaria, è il panteismo pagano, il sonno inerte tra le braccia della grande Natura incaricata di tutto operare e di condurre tutto. Per gli altri essa è appello alla dominazione dell’universo, all’investigazione di tutti i segreti, all’unione di tutti gli uomini in una collettività superiore nella quale le coscienze si illuminerebbero a causa della loro convergenza, e dove la coscienza avrebbe liberata e compresa di sé ogni materia. (P. Teilhard de Chardin, Lettera dal fronte, 15 marzo 1916, in Guenot, 1964)
Quello dei rapporti, dei legami e della compatibilità tra transumanesimo e cristianesimo è un tema molto interessante e, specie negli ultimi anni, affrontato sempre più spesso, parallelamente alla progressiva diffusione delle idee transumaniste e alla nascita di veri e propri gruppi transumanisti esplicitamente cristiani. Già dieci anni orsono il Network dei Transumanisti Italiani (2009), in occasione della 23esima Settimana Teologica, organizzata dalla Diocesi di Pistoia e dedicata all’Idea dell’immortalità terrena. Una nuova sfida per la teologia, aveva elaborato e presentato un intervento al riguardo, prendendo una chiara posizione a favore dell’interscambio e del dialogo con le istanze più avanzate della teologia cristiana e in particolare cattolica, riconoscendo diversi elementi caratterizzanti condivisi nonché possibili convergenze. In particolare, il documento partiva dalla constatazione che «il transumanesimo, pur essendo caratterizzato da un approccio fondamentalmente scientifico e razionale alla realtà, trova un primo elemento importante di convergenza con la tradizione cristiana, in quanto auspica un passaggio dall’evoluzione per selezione naturale a una di tipo post-darwiniano, auto-diretta, restituendo così all’Uomo quella centralità nell’economia dell’universo, quale agente in grado di dirigere consapevolmente il processo evolutivo generale, che il darwinismo sembrava avergli sottratto per sempre», per poi chiudere indicando nel pensiero di Pierre Teilhard de Chardin, scienziato, filosofo e teologo gesuita, l’«esempio di come il transumanesimo possa aprirsi a visioni evolutive sviluppate in un contesto cristiano, riconoscendone l’audacia culturale, e di come la teologia cristiana possa aprirsi positivamente alla trasformazione tecnologica e umana propugnata dai transumanisti, senza per questo abdicare al proprio irrinunciabile orizzonte religioso».
Si trattava, invero, di un periodo in cui, specie in Italia, anche il solo ipotizzare la sussistenza di rapporti tra transumanesimo e cristianesimo, sia di tipo “genetico” sia anche di semplice convergenza per il futuro, era considerato da gran parte della comunità transumanista un atteggiamento quasi “eretico”. Per questo, e a parte qualche sporadica eccezione (Garner, 2007; Steinhart, 2008; Hefner, 2009) proveniente soprattutto dal di fuori del transumanesimo “organizzato”, la (scarna) riflessione sulle “radici” e sui presupposti antropologici della prospettiva transumanista spesso si limitava a indicare in Friedrich Nietzsche, anche e proprio in quanto arcinemico del cristianesimo, l’antesignano e “padre nobile” del transumanesimo[1].
Tuttavia, è ormai da qualche anno che il transumanesimo ha cominciato a strutturarsi in modo più solido e consapevole, non solo e non tanto quale movimento organizzato, quanto piuttosto sotto il profilo teorico, quale campo di riflessione e di indagine nettamente distinto dal postumanesimo filosofico di matrice postmodernista. Una volta individuato (rectius: riscoperto) nell’idea di evoluzione autodiretta (Stile, 2015; cfr. anche Manifesto dell’Associazione Italiana Transumanisti, 2008; Manifesto del Network dei Transumanisti Italiani, 2017), più che nella generica affermazione circa la possibilità e desiderabilità di estendere le capacità umane, il nucleo centrale e specificamente caratterizzante della prospettiva transumanista, è stata conseguenza naturale il recupero e la rivalutazione, quali veri “padri nobili”, di coloro che per primi hanno elaborato tale innovativa idea, vale a dire Julian Huxley e Pierre Teilhard de Chardin.
Cristianesimo e idea di evoluzione autodiretta
In particolare, Riccardo Campa, che pur in passato (2007) aveva ritenuto di poter ravvisare in Nietzsche un transumanista ante litteram[2], in due recenti articoli (2017a, 2017b), nel riconoscere i legami tra (un certo tipo di) transumanesimo e (un certo tipo di) cristianesimo, ha indicato nell’opera di Teilhard de Chardin un imprescindibile punto di riferimento per chiunque voglia intraprendere in modo serio uno studio “genealogico” dell’idea transumanista.
Secondo quanto afferma oggi Campa, infatti, «i padri nobili del transumanesimo sono il prete gesuita Pierre Teilhard de Chardin e il biologo inglese Julian Huxley. Teilhard ha coniato i termini “ultraumano” e “transumano”, mentre Huxley ha coniato il termine “transumanesimo” e lanciato l’idea di un movimento con questo nome» (Campa, 2017a). Sempre nell’ambito della ricostruzione proposta da Campa, nel cattolicesimo (ma potremmo dire più in generale nel cristianesimo) sarebbe possibile individuare, oltre a due diversi orientamenti teologici fondamentali – uno “mistico-teologico” che avrebbe caratterizzato un primo cattolicesimo, e uno “moralistico-caritativo” tipico di un secondo cattolicesimo – anche un più recente orientamento, frutto proprio dell’elaborazione di Teilhard de Chardin, che avrebbe dato luogo, di fatto, a un terzo cattolicesimo, interpretabile quale momento di sintesi tra la ricerca di senso e direzione del divenire cosmico tipica del primo e il radicamento sulla terra tipico del secondo, il tutto alla luce della prospettiva evoluzionistica e dell’impetuoso sviluppo tecno-scientifico del mondo moderno. Campa prosegue ritenendo l’elaborazione filosofico-scientifica di Teilhard «perfettamente in linea con i postulati di base del transumanesimo contemporaneo», anche perché il concetto di evoluzione autodiretta «Teilhard de Chardin non poteva esprimerlo in modo più chiaro» (Campa, 2017b). Infine, assodato il legame genetico tra il pensiero di Teilhard e il transumanesimo, ma al contempo considerato che – come noto – il gesuita fu inizialmente osteggiato dalle alte gerarchie ecclesiastiche, secondo Campa al fine di poter affermare una compatibilità teorica di quest’ultimo con il cattolicesimo, si imporrebbe una previa verifica dell’avvenuta “riconciliazione” della Chiesa cattolica con le idee del sacerdote francese; tale verifica ha esito positivo, giacché uno dei principali documenti del Concilio Vaticano II, la costituzione pastorale Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, fu grandemente influenzato proprio dalle tesi del gesuita francese, tanto che, a parere dell’allora Cardinale Joseph Ratzinger (1982), la costituzione avrebbe addirittura fatto proprio il motto teilhardiano “Cristianesimo vuol dire più progresso, più tecnica”. Successivamente ben tre pontefici romani (Paolo VI, Benedetto XVI e Francesco), nonché diversi alti prelati, hanno citato con approvazione l’opera e l’impostazione generale di Teilhard de Chardin.