Dagli albori dell’era spaziale (1957), un’enorme quantità di oggetti associata alle attività satellitari sta popolando lo spazio. Tali oggetti, ad esempio satelliti defunti, stadi finali di lanciatori o frammenti derivati da collisioni, costituiscono la cosiddetta spazzatura spaziale, nota anche come “space debris”.
Recenti stime hanno valutato che ben oltre 35 milioni di oggetti ruotano in maniera incontrollata nelle orbite attorno alla nostra terra, con una massa totale che supera le seimila tonnellate. L’aumento della concentrazione di space debris presenta un andamento esponenziale, che aggrava ulteriormente la situazione, prospettando anni futuri tutt’altro che rosei per lo sviluppo delle attività spaziali. Nei prossimi anni potrebbe verificarsi una saturazione delle orbite se il numero degli oggetti spaziali lanciati in orbita sarà superiore rispetto al numero di quelli rimossi. Tale saturazione potrebbe inoltre causare una catastrofica reazione a catena che porterebbe alla distruzione di gran parte dei satelliti attorno alla Terra e comprometterebbe il futuro accesso allo spazio. Una collisione tra oggetti spaziali genera infatti nuovi frammenti, incrementando la densità di space debris e conseguentemente la probabilità di ulteriori collisioni. Questo scenario prende il nome di “Sindrome di Kessler”, dal consulente NASA Donald J. Kessler che per primo lo ipotizzò nel 1991.
Attualmente, gli Space Debris occupano le principali orbite dedicate alle attività commerciali; i satelliti in orbita bassa (LEO) e geostazionaria (GEO) devono perciò essere equipaggiati con meccanismi, come ad esempio scudi che li proteggano da eventuali impatti con detriti spaziali. Nonostante che la maggior parte dei detriti abbia dimensioni ridotte, inferiori al centimetro, a causa delle elevate velocità superiori ai 30mila km/h tali frammenti possono creare ingenti danni a satelliti, veicoli e stazioni spaziali.
Le principali minacce rappresentate dagli space debris vanno dal possibile danneggiamento di satelliti attivi, a catastrofici impatti di detriti spaziali sulla superfice terrestre, fino alla preclusione del futuro accesso allo spazio. Tutti i progetti che prevedono l’utilizzo dello spazio, per attività satellitari o come porta di accesso verso uno sviluppo futuro di attività interplanetarie, devono prendere in seria considerazione il problema degli space debris.
La soluzione di D-Orbit permette di mitigare i rischi legati a questa minaccia. D-Orbit sviluppa una tecnologia che permette di realizzare il “decommissioning” di un oggetto spaziale al termine della sua vita operativa. Il decommissioning consiste in una manovra estremamente sicura ed affidabile che permette la rimozione attiva del satellite defunto evitando che esso diventi un ulteriore detrito spaziale. La manovra viene eseguita in maniera controllata, eliminando il rischio di impatto contro satelliti attivi o caduta su zone abitate della Terra. La tecnologia per il decommissioning rispetta pienamente le recenti normative internazionali in materia di mitigazione degli space debris.
La missione di D-Orbit ha l’obiettivo di estendere quei principi di sostenibilità, già diffusi sulla Terra, anche allo spazio. Secondo la visione di D-Orbit, una missione satellitare deve prevedere tutte le fasi di un ciclo di vita sostenibile, a partire dall’acquisizione delle materie prime fino allo smaltimento finale del satellite. Questo è importante per garantire un profittevole sviluppo delle attività commerciali e un accesso sicuro allo spazio. La prevenzione e rimozione degli space debris è il primo vero passo verso l’introduzione del concetto di sostenibilità nel settore spaziale.
D-Orbit è la soluzione ottimale per lo smaltimento dei satelliti: permette infatti un sicuro, rapido, affidabile e controllato rientro a terra o reorbitaggio in apposita orbita cimitero del satellite quando giunge a fine vita o al verificarsi di guasti che ne compromettono l’utilizzo. La tecnologia di decommissioning di D-Orbit, oltre che consentire agli operatori spaziali di rendere sostenibili le loro missioni, offre una serie di vantaggi che permettono di incrementare i profitti di tali missioni riducendone la complessità operativa.
Questo è ciò che la tecnologia di D-Orbit può attualmente offrire. La visione di D-Orbit però va ben oltre: affinché il ciclo di vita di un satellite diventi completamente sostenibile, non è sufficiente riportare a terra i satelliti ormai defunti, ma è necessario poterli recuperare e “rigenerare” per nuove missioni direttamente nello spazio. Grazie alla tecnologia di D-Orbit, in futuro i satelliti a fine vita potrebbero essere spostati in apposite orbite in attesa di essere rigenerati. Satelliti prodotti in orbita non dovrebbero sottostare ai critici carichi di lancio, potrebbero essere più grandi e leggeri e soprattutto non sarebbero caricati dei costi di lancio.
Ma oggi dobbiamo preoccuparci di fare in modo che qualsiasi oggetto venga lanciato nello spazio ne possa essere rimosso in modo rapido, controllato e sicuro. Questa è l’idea di D-Orbit, la soluzione per garantire un accesso e utilizzo sostenibile dello spazio.