Il 17 e 18 novembre 2014 si è tenuto a Roma l’incontro “Unlocking the Potential of the Social Economy for EU Growth” sul tema di come l’economia sociale può essere un volano di sviluppo per l’Unione europea. Alle giornate hanno partecipato rappresentanti di governi nazionali e locali, organizzazioni, studiosi e attivisti provenienti da tutto il vecchio continente per elaborare un documento programmatico comune che è stato chiamato la “Strategia di Roma”. L’obiettivo di tale incontro è stato quello di promuovere un dialogo tra una pluralità di attori che lavorano per definire e incoraggiare il ruolo dell’economia sociale all’interno dei piani di crescita economica dell’Unione europea.
Prima di soffermarci sulla direzione politica-economica-sociale verso cui questo documento tende, è bene delimitare il campo di azione. Uno delle questioni irrisolte, infatti, è stata proprio quella di definire, o quantomeno tracciare, i confini dell’economia sociale generando una visione comune. Quindi, quando parliamo di economia sociale, a cosa ci stiamo riferendo? Nel Libro Bianco dell’Innovazione Sociale (2011) la si descrive come «un ibrido. Essa infatti percorre le quattro sub-economie del mercato, dello stato, delle sovvenzioni e della famiglia. Ognuno di questi settori presenta le proprie logiche ed i propri ritmi, i propri mezzi per ottenere risorse, le proprie strutture di controllo e di allocazione, e le proprie regole per la distribuzione dei propri risultati. Ma le frazioni di queste sub-economie, che noi denominiamo economia sociale, sono racchiuse sotto il comun denominatore degli obiettivi sociali, dell’importanza che viene data all’etica e alla reciprocità».
Avendo ora più chiaro cosa sia e su quali assi si muove l’economia sociale, è possibile analizzare le attività dei 10 gruppi che nei due giorni di lavoro si sono concentrati ciascuno su alcune specifiche tematiche dell’economia sociale. L’obiettivo è stato quello di elaborare delle proposte programmatiche da consegnare ai decisori politici europei, al fine di promuovere nuovi modelli di sviluppo sociale ed economico in Europa. Dal confronto è emerso con chiarezza che siamo in un quadro in forte evoluzione. Questo è determinato soprattutto dal fatto che le diverse organizzazioni e istituzioni stanno sperimentando sempre di più forme nuove, sia da un punto di vista della sostenibilità economica che nelle forme giuridiche. Possiamo parlare, per alcuni casi presentati, di una convergenza tra il mondo del profit e del non-profit. Come ha dichiarato Gustavo Piga docente all’Università di Roma Tor Vergata, in un recente incontro promosso dalla Fondazione Accenture, accade che il non-profit sta prendendo a prestito gli strumenti del profit, come l’operare secondo modelli di business o l’attenzione alle competenze, generando, come detto, una convergenza che sta maturando dei risultati qualitativamente e quantitativamente più elevati in termini di sostenibilità economica ed equità sociale. Il problema emerso nei lavori dell’elaborazione della Strategia di Roma è che gli attori istituzionali non riescono ad assecondare queste dinamicità, rendendo il cambiamento verso un modello alternativo difficile e complesso. Il discorso a livello europeo è ancora più complesso, poiché ogni paese adotta politiche in materia di promozione dell’economia sociale differenti. È necessario quindi trovare un campo comune su cui giocare questa importante partita. Lo spirito che ha mosso i due giorni di lavori, infatti, è stato proprio questo, quello di coinvolgere gli attori pubblici nell’abilitare i fattori che possono generare un nuovo modello. In questa prospettiva bisogna riconoscere all’Italia un ruolo decisivo, poiché tale incontro è stato promosso in occasione della presidenza del Consiglio dell’Unione Europea.
Un altro fattore determinante che può rendere l’economia sociale volano di reale sviluppo economico e di equità sociale risiede nella necessità di elaborare strumenti in grado di misurare l’efficacia interna ed esterna e l’efficienza degli interventi messi in campo. Un primo passo suggerito dal CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo) è quello che la Commissione Europea faccia opera di sensibilizzazione sui principi e metodi più diffusi piuttosto che elaborare altre nuove metodologie, poiché gli strumenti già esistenti hanno una caratteristica comune, ovvero nascono dal basso e vengono progettati per inquadrare i mutamenti sociali sulla base di necessità effettive e di attività concrete.
Le nove macro proposte della Strategia di Roma sono state elaborate quindi con l’intendo di assecondare queste istanze, e sono:
- Identificare gli interlocutori dell’economia sociale all’interno della Commissione Europea, del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo.
- Riconoscere il ruolo specifico dell’economia sociale nel corso della prossima revisione di medio termine della strategia Europa 2020.
- Il pacchetto di investimenti annunciato dal Presidente Juncker dovrebbe riguardare non solo infrastrutture fisiche, ma anche gli investimenti sociali che coinvolgono attori dell’economia sociale.
- Migliorare la disponibilità e le soluzioni di finanziamento.
- Facilitare lo scambio di informazioni tra le parti interessate e monitorare attentamente e valutare i primi esperimenti.
- Aumentare il livello di self-awareness degli attori per quanto riguarda la loro appartenenza alla economia sociale europeo.
- Aumentare la presenza di donne e giovani nelle organizzazioni dell’economia sociale.
- Favorire i processi di innovazione e sperimentazione, anche in settori di attività non tradizionalmente connessi ad un economia sociale, e in collaborazione con altri operatori del mercato.
- Promuovere una cultura della valutazione e migliorare la loro capacità di valutazione.
Un primo passo concreto in questa direzione è stata la presentazione di A map of social enterprises and their eco-system in Europe (2013) a cura dell’ICF commissionata dall’Unione Europea. La costruzione di un tale ecosistema e delle sue pratiche è il primo passo per mappare tutte le diversità organizzative e legislative. Come affermato da Goeff Mulgan alla convention “Convergence for Social Innovation”, l’approccio che dobbiamo avere è quello di decostruire le grandi istituzioni statali e private e ragionare in un’ottica di continua riconfigurazione tra le risorse disponibili e le possibili modalità con cui costruire nuovi servizi o prodotti in un’ottica di un’economia etica.
In conclusione si può affermare che la Strategia di Roma riprende un cammino interrotto diversi anni fa e promuove un nuovo percorso comune a livello europeo che spinge alla sperimentazione di nuovi modelli, forme, strumenti che possano amplificare le ricadute positive dell’economia sociale. Ora non bisogna più fermarsi.
Per approfondire:
- Aa.Vv., Guida al ritorno sociale sull’investimemento, Human Foundation, 2012, http://www.provincia.milano.it/opencms/opencms/relazioni_internazionali/doc/Guida_SROI.pdf.
- Aa.Vv., Cooperazione, non profit e imprenditoria sociale: economia e lavoro, Unioncamere, 2014, www.unioncamere.gov.it/download/3100.html.
- Bakhshi H., Hargreaves I., Mateos-Garcia J., A manifesto for the creative economy, NESTA Foundation, 2013.
- Murray R., Caulier Grice J., Mulgan G., Il libro bianco sulla innovazione sociale, The Young Foundation/Society, 2011.
- Wilkinson C., A map of social enterprises and their eco-system in Europe, Commissione europea – DG Occupazione, Affari sociali e Inclusione, 2013.