Quando sentiamo citare il jobs act, la maggior parte di noi pensa all’ultima riforma del mercato del lavoro di casa nostra. Corretto. Ma c’è anche altro.
Siamo in America, nel 2015, periodo in cui, allora più di adesso, gli effetti della crisi erano all’ordine del giorno. Proprio in quell’anno viene promulgata una delle più importanti leggi dell’amministrazione Obama: il jobs act appunto. Il Presidente degli Stati Uniti forse sarà stato ispirato da Wehinger, senior economist dell’OCSE, il quale qualche anno prima aveva dichiarato sul Giornale dell’OCSE che a seguito del continuo restringimento del settore bancario altri attori, tra cui le istituzioni (e nuovi soggetti, anche privati e perciò non convenzionali, aggiungiamo noi), si devono far carico di questo gravoso compito (Wehinger, 2011). Sostenere l’economia del Paese aprendo nuovi canali credito e immaginando nuove prospettive di sviluppo.
Perfetta declinazione del famigerato slogan della prima campagna elettorale insomma, il jobs act introduce una molteplicità di strumenti per guardare al futuro e dare una scossa all’economia americana. Uno di questi strumenti è senza dubbio l’equity crowfunding. Lo stesso Obama infatti, al momento della firma del provvedimento dichiarerà: “Per la prima volta, i normali cittadini americani saranno in grado di investire online in imprenditori in cui credono”.
Bisogna precisare inoltre che, come segnalato anche dal network italiancrowdfunding.it, esistono diversi modelli di crowfunding (equity, reward, landing e donation) e se le finalità di ogni tipologia possono essere differenti, il filo conduttore è sempre lo stesso: si tratta di un processo collaborativo di un gruppo di individui che utilizza il proprio denaro in comune per sostenere gli sforzi di persone, comunità ed organizzazioni. È micro-finanziamento dal basso che mobilita persone e risorse.
Questa pratica è antichissima: testimonianze raccontano che già nel XVII secolo, dopo due terremoti registratisi a distanza ravvicinata, una chiesa di Napoli venne ricostruita grazie ai contributi di fedeli, classe politica e ordini religiosi. Agli anni Ottanta poi, in un film di Castellano e Pipolo, Innamorato pazzo con Adriano Celentano e Ornella Muti, risale un altro curioso esempio ante litteram di crowfunding nostrano. Nella pellicola Barnaba, interpretato da Celentano, è un autista di autobus che ha bisogno di una grossa cifra per superare resistenze del padre di una bella principessa (la Muti) di cui è perdutamente innamorato.
Negli ultimi anni il fenomeno del finanziamento collettivo si è diffuso sempre di più, non solo tra i singoli sognatori ma anche tra le imprese più lungimiranti e i ricercatori più curiosi. La letteratura economica che studia il fenomeno è in continua espansione e molto interessanti sono i lavori a riguardo. Se Francesco Schiavone (2017) indaga sul ruolo delle competenze manageriali per gestire al meglio una campagna, Signori e Vismara (2016) stimano per la prima volta il rendimento di questo tipo di investimenti (spoiler: circa il 9% annuo) e Leone (2018) fa un’indagine di quello che succede a campagna conclusa. “L’obiettivo della campagna non è la campagna: è sopravvivere dopo la campagna”, ha dichiarato Chris Hawker, direttore della United Inventors Association of America.
Anche il legislatore italiano si è interessato attivamente al fenomeno. L’Italia anzi è stato il primo Paese nell’Unione europea a essersi dotato di una normativa specifica sull’equity crowdfunding. Il processo ha ufficialmente preso il via il 18 ottobre 2012 con l’emanazione del «decreto crescita bis» ed è continuato con l’approvazione del Regolamento Consob. Trattandosi di un mercato regolamentato infatti, ruolo chiave è ricoperto proprio dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, che attraverso rigide procedure accredita nuove piattaforme dando loro la possibilità di raccogliere capitali di rischio on line e tutela gli investitori.
A partire dal 2012, dunque, il Governo Italiano si è impegnato nella messa a punto di una normativa organica volta a favorire la nascita e la crescita dimensionale di nuove imprese innovative ad alto valore tecnologico, definite appunto start-up innovative. La recente legge di stabilità ha poi esteso a tutte le piccole e medie imprese (prima potevano farlo solo le PMI c.d. innovative) la possibilità di utilizzare l’equity crowdfunding come forma di finanziamento.
Le piattaforme accreditate per la raccolta di capitali di rischio on line permettono di investire anche piccoli importi, compatibilmente con le competenze finanziarie e i profili di rischio di chi decide di investire. È possibile infatti entrare a far parte delle più innovative start-up italiane e diventare soci delle migliori realtà imprenditoriali del nostro Paese.
A metà strada tra e-commerce e una quotazione in borsa quindi, il fenomeno che sta diventando una realtà ben strutturata, creando occupazione sia in maniera diretta che in maniera indiretta, può rappresentare realmente un volano per il prossimo sviluppo economico. Le aspettative per il futuro sono tutte positive. Ci sono strumenti, competenze e progetti. In una prospettiva di lungo periodo, inoltre, si può scorgere nella normativa dedicata allo sviluppo dell’equity-crowdfunding un seme che può originare cambiamenti di ben più ampia portata nei modelli culturali radicati nel nostro sistema imprenditoriale.
L’equity-crowdfunding, infatti che già presenta molte analogie con un’offerta pubblica iniziale o IPO (dall’inglese Initial Public Offering) può essere visto come un primo approccio ai mercati finanziari che, nel tempo, potrà dare vita a una nuova generazione di imprese il cui sbocco naturale sarà con elevate probabilità, dapprima, l’ammissione alla quotazione su mercati minori, e poi chissà… I mercati finanziari junior, infatti, sono istituzioni che richiedono minori adempimenti burocratici dei mercati regolamentati grazie alla presenza di sponsor professionali che vigilano sul corretto andamento delle contrattazioni. Queste realtà si stanno sviluppando sia in Francia che nei paesi scandinavi, in Giappone come in Inghilterra e rappresentato un fenomeno a cui prestare molta attenzione.
Bibliografia
- Leone D. et al., Post-Campaign Operational Problems Hindering Promised Rewards in Crowdfunding Projects, “Journal of Innovation Economics & Management”, 2018 (forthcoming).
- Schiavone F., Incompetence and managerial problems delaying reward delivery in crowfunding, “Journal of Innovation, Economy and Management”, n. 23, 2017.
- Signori A., Vismara S., Return on investment in equity crowfunding, aprile 2016.
- Wehinger G., Fostering Long-Term Investment and Economic Growth. Summary of a High-Level OECD Financial Roundtable, “OECD Journal: Financial Market Trends”, gennaio 2011.