In un editoriale su Linkiesta, il direttore del sito web di informazione Francesco Cancellato auspica che la Cancelliera tedesca Angela Merkel divenga Presidente della Commissione Europea. Fortunatamente è improbabile che uno scenario simile si avveri, ma nel caso il sogno del direttore e di altri germanofili divenisse realtà, verrebbe assestato un colpo mortale al già agonizzante progetto europeo.
Per evitare fraintendimenti, voglio precisare che anch’io ritengo la Cancelliera tedesca un politico abile, intelligente e capace, e forse quello più degno di fiducia tra i capi di stato dei principali paesi europei. La Merkel è andata contro ogni aspettativa quando ha annunciato che il suo paese avrebbe accolto a braccia aperte centinaia di migliaia di migranti, soprattutto considerando il suo orientamento politico conservatore, i cui esponenti politici sono tutti schierati per una chiusura delle frontiere e un respingimento dei nuovi arrivati. Una mossa senza dubbio nobile. Questo tuttavia, non suggerisce in alcun modo che l’Europa e l’Unione Europea beneficerebbero di una Presidenza Merkel alla Commissione; anzi, l’ipotesi ne peggiorerebbe ulteriormente le condizioni, fino a segnare la sua fine, per diverse ragioni. Innanzitutto bisogna sfatare il mito secondo cui la Merkel “antepone i principi su cui si fonda l’Unione Europea agli interessi del proprio Paese, a pochi mesi dalle elezioni”, come viene scritto nell’editoriale. La Germania è più volte stata ammonita dalla Commissione Europea per il suo surplus commerciale, che in questi anni ha danneggiato economicamente gli altri stati membri dell’Eurozona. Cancellato nota come la posizione dura della Merkel nei confronti della Gran Bretagna a causa della Brexit dimostri come la Cancelliera sia pronta a “sacrificarsi” per il bene dell’Unione, ma dimentica che il suo è solo un tentativo per trovare – finalmente – una soluzione al problema del surplus commerciale che ha ignorato per molto tempo. Rispettare le regole dopo essere state ignorate per anni non vuol dire anteporre il bene dell’Unione a quello proprio. Infine, non è sicuro che le misure suggerite vengano effettivamente applicate o che bastino a ridurre il surplus del paese.
La minaccia principale di una presidenza Markel è data dalle riserve che gli europei, in particolar modo quelli critici verso l’Unione Europea, nutrono nei suoi confronti. A torto i media del continente, soprattutto del sud Europa e del Regno Unito, hanno continuamente dipinto la Cancelliera come una strega maligna, ossessionata dal rigore, che disprezza le periferie del continente. Oggi l’euroscettico medio vede la Merkel come araldo malvagio dell’UE, principale minaccia alla sovranità nazionale, al proprio lavoro e alla sua sicurezza: assegnare al timone dell’UE una donna detestata in tal modo è una mossa suicida che solo chi ignora il pericolo rappresentato dalle destre nazionaliste può supportare. Ma le critiche alla Merkel non sono del tutto infondate: l’anno scorso si è unita insieme ad altri leader europei per imporre alla Grecia misure di austerity che fino ad ora si sono dimostrate controproducenti – anche secondo i ricercatori dell’FMI – e i cui effetti violano chiaramente l’articolo 9 del Trattato sul Funzionamento dell’UE, come ho sottolineato in un articolo dello scorso anno. Merkel è anche stata promotrice di stereotipi la cui diffusione continua a infliggere gravi ferite all’integrazione europea, dipingendo gli europei del sud come lavoratori pigri che hanno troppe vacanze. Questi clichés sono stati sfatati dal giornale tedesco Spiegel.
A livello europeo inoltre, la Cancelliera fa parte del Partito Popolare Europeo, che è stato a capo della Commissione per gli ultimi otto anni, senza aver brillato per efficacia. Sebbene i poteri dell’esecutivo europeo siano piuttosto limitati rispetto a quelli degli stati nazionali, questo ha contribuito significativamente a popolarizzare il mantra dell’austerity e a diffonderlo per il continente. Al suo interno il partito è inoltre popolato da celebri euroscettici appartenenti alla destra autoritaria, come il primo ministro Orbàn, e pochi degli attuali membri, se non nessuno, hanno mai mostrato grande interesse ad implementare il processo di integrazione europea e intraprendere la creazione di uno stato federale. Ho letto commenti di persone “di sinistra” e federaliste favorevoli ad una presidenza Merkel, ma forse viviamo in due universi paralleli.