Il World Future Day è il primo marzo di ogni anno. Per il settimo anno consecutivo, il Millennium Project ha organizzato una conversazione aperta di 24 ore online attorno al mondo per celebrarlo. Hanno partecipano esperti di studi di futuri, i cosiddetti futures studies, e pubblico generale, condividendo le proprie idee su come costruire un futuro migliore. Ogni anno, persone qualsiasi discutono idee su possibili mondi di domani in una conversazione rilassata, aperta e senza agenda che esplora le possibilità del nostro futuro comune. Si discute alla pari e con interesse e si stimolano nuovi ragionamenti, condividendo ricerche sui futuri, creando collaborazioni e nuove amicizie. Il Millennium Project (MP), un think tank globale partecipativo di previsione sociale, ha ospitato l’evento 2020 sulla piattaforma Zoom in collaborazione con l’Association of Professional Futurists (APF), Humanity+, il Global Futures Literacy Network dell’UNESCO, la World Academy of Art and Science (WASS) e la World Futures Studies Federation (WFSF). Anche in Italia si è cercato di creare interesse sul World Future Day per motivare il futures thinking, il pensiero sui futuri: l’evento è stato disseminato dal nodo italiano del Millennium Project, che si è offerto di facilitare la sessione dell’Europa Centrale assieme a Jerome Glenn, CEO del MP, Jejel Ezzine, chair del nodo MP Tunisia, e Heiner Benking, consulente per Youth4Planet e altre non-profit, cercando di creare interesse per motivare il futures thinking, il pensiero sui futuri. L’evento è stato inoltre supportato e disseminato per l’Italia anche dall’Italian Institute for the Future.
Ogni anno per questa giornata mondiale sul futuro, opinion leader globali condividono i propri punti di vista sulle sfide globali di fronte a cui si trova l’umanità, come la regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale, il futuro del lavoro, la costruzione di ascensori spaziali per città orbitali, la mitigazione del cambiamento climatico, la garanzia di acqua potabile ed energia, la lotta al crimine organizzato transnazionale, lo sviluppo di nuove forme di democrazia, il contrasto alla guerra dell’informazione, l’inclusione dell’etica nel processo decisionale globale, il rispetto di standard di sicurezza per la biologia sintetica, il futuro dell’umanità. La conversazione è iniziata il primo marzo 2020 a mezzogiorno in Nuova Zelanda e si è mossa verso ovest ogni ora, anche se è sempre possibile connettersi in qualsiasi momento. Così, è arrivata in Europa Centrale (UTC +1), e quindi in Italia, e ha avuto come ospite Vint Cerf, pioniere americano di Internet, conosciuto come uno dei padri di Internet insieme a Bob Kahn per l’invenzione del protocollo TCP/IP e l’architettura di Internet. Insieme per un’ora, si è parlato di disinformazione e information warfare, di pensiero critico, sostenibilità di Internet e persino di regole per la nostra identità digitale dopo la morte.
Gli algoritmi non sono perfetti e abbiamo bisogno di metriche per capire come bilanciare la perdita di informazione, la frammentazione di conoscenza e il bisogno di cancellare informazioni dannose per la sicurezza pubblica. Dove non arrivano gli algoritmi, dovremmo farci aiutare dal pensiero critico: porci domande, avere prove di conferma, analizzare con razionalità similmente al processo scientifico, conciliando l’evidenza empirica con il senso comune. Il processo scientifico è la migliore approssimazione che abbiamo della realtà. Come il processo scientifico, il pensiero critico richiede coraggio e volontà, e anche un cambio di atteggiamento, quello che porta l’essere umano a sentirsi a disagio con la verità. Purtroppo, non tutti sono a proprio agio in una società bene informata: rigettiamo spesso informazioni che non corrispondono alla nostra visione del mondo e crediamo alla disinformazione che vi corrisponde. Questo è il motivo per cui è così difficile far respingere informazioni con cui ci si comincia a sentire a proprio agio. I sistemi educativi dovrebbero formare le persone al pensiero critico per riconoscere la disinformazione e percorsi fraudolenti di informazione. Dovremmo formare le persone a valutare ciò che vedono: gli algoritmi possono fallire nell’identificare l’informazione, ma gli esseri umani in collaborazione con algoritmi di Intelligenza Artificiale possono fare meglio. Stiamo attraversando un enorme Test di Turing: non siamo capaci al momento di riconoscere la differenza tra disinformazione generata da computer e verità generata da esseri umani.
È difficile identificare l’origine delle informazioni. Si può fare molto per indirizzare il problema, ma sono necessari accordi internazionali per definire norme che guidino i comportamenti su Internet e sanzioni per chi causa danni attraverso la disinformazione. Il settore privato può condurre analisi predittive su enormi banche dati di disinformazione ed elencare potenziali azioni da fronteggiare prima che accadano, e abbinare i profili delle persone con i requisiti per contrastare le azioni, come accade con i profili delle persone abbinati ai prodotti degli inserzionisti. Si potrebbero definire sistemi di certificazione, ma essi potrebbero essere compromessi nel sistema e in chi le produce. Quindi, abbiamo di nuovo bisogno di pensiero critico da parte del pubblico. In senso educativo, il bisogno di pensiero critico potrebbe essere collegato con le attività previste da un filone partecipativo nella comunicazione della scienza definito generalmente citizen science, in cui il pubblico partecipa al processo scientifico in varie fasi e con vari gradi di coinvolgimento, apprendendo i contenuti oggetto di ricerca e anche il funzionamento del processo scientifico.
La sostenibilità di Internet è un altro degli argomenti discussi durante il mezzogiorno italiano del World Future Day 2020. Internet fu lanciato per connettere servizi informatici e persone: ora comincia a connettere luoghi e oggetti con l’Internet of Things. Vint Cerf ci conferma che Internet è tecnicamente sostenibile anche con un aumento di nuova domanda di ampiezza banda. Il miglioramento della tecnologia potrebbe però aumentare i costi da sostenere per connetterci. Mentre si prova ad estendere Internet a velocità sempre maggiori e in ogni luogo nel mondo, alcuni governi provano a chiudere la rete, cercando di controllarne e filtrarne i contenti. È doloroso, perché così rischiamo la frammentazione del network. Sarà comunque difficile sfuggire ad Internet, considerando l’avvento del 5G, ma non si sfugge nemmeno all’inquinamento informativo che comporta. Gli utenti possono mettere in atto meccanismi di filtraggio per limitare il sovraccarico e selezionare fonti, contenuti e gruppi, ma questa è un’altra causa di frammentazione, della conoscenza invece che della rete globale unica aperta.
In futuro ci potrebbero essere sensori nel mondo che raccolgono informazioni e definiscono notizie per il nostro consumo grazie all’Intelligenza Artificiale, come ci dice uno dei partecipanti alla conversazione, temendo un controllo continuo a discapito della privacy del singolo, oppure una tecnologia cosciente a cui l’umanità si connette con interfacce cervello-IA, come suggerito negli scenari alternativi dell’ultimo lavoro del MP “Work/Tech 2050. Scenarios and Actions”. Anche se il digital divide si sta riducendo, il divario rispetto all’uso di applicazioni come l’IA si sta ampliando. Durante la discussione del World Future Day, ci si è chiesti come rendere Internet più sicuro, migliorando i sistemi, e come creare incentivi per autenticazione/identificazione forti per validare le fonti di informazione. Forse avremo bisogno anche di regole per la nostra IA digitale, i nostri avatar o gemelli digitali che restano dopo la nostra morte. Chi è responsabile per ciò che essi fanno? Cosa accade se commettono un cyber-crimine o guadagnano una fortuna?
Se non si metteremo in atto politiche adeguate per contrastare l’information warfare, potremmo ritrovarci in una società dove i confini tra ciò che è vero e ciò che non lo è sfumano sempre di più. La guerra di informazione (diversa dalla guerra cibernetica, che attacca computer, software e sistemi di comando e controllo), manipola le informazioni considerate affidabili dai bersagli a loro insaputa, in modo che i bersagli prendano decisioni contro i propri interessi ma nell’interesse di chi conduce la guerra di informazione. Se non impariamo a contrastare queste attività, potremmo muoverci verso un nuovo ordine mondiale deteriorato in una combinazione di stati-nazioni, mega-aziende, milizie locali, gruppi terroristici e crimine organizzato. Dobbiamo accordarci sull’etica, soprattutto per le evoluzioni dell’Intelligenza Artificiale, come recentemente sottolineato dall’accordo promosso dal Vaticano sulla materia. Le sfide di fronte a cui si trova l’umanità sono transnazionali ed interconnesse, come ci dice lo studio “Lo Stato del futuro 19.1” del Millennium Project, e necessitano di soluzioni trans-istituzionali.