Questo articolo è estratto dal volume di Adolfo Fattori, Di cose oscure e inquietanti, Ipermedium, Napoli, 1995.
Lo sviluppo delle tecnologie elettroniche e la conseguente diffusione di massa delle nuove merci (computer, video ed audioregistratori e riproduttori, informazioni in senso lato), esplosa agli inizi degli anni ’80 del XX secolo a partire – molto prosaicamente – dai pacchetti applicativi di software per la gestione aziendale, ha modificato profondamente il territorio, il sociale, la vita quotidiana. La vita quotidiana, la metropoli industriale tendono a ritirarsi, sostituite da nuove forme organizzative: l’informatizzazione della produzione, dei servizi, delle utenze, le rende inadeguate, in tendenza inutili. Il primato nel circuito produzione-distribuzione-consumo riguarda sempre più una nuova merce: l’informazione digitale – codificata nelle banche dati delle reti telematiche o frammentata e fluttuante nelle correnti delle emittenti televisive non ha importanza – in uno scenario di totale planetarizzazione dei mezzi di comunicazione.
La realtà appare sempre più mediata e interpretata a partire dallo schermo. Con i rapporti sociali, con le pratiche quotidiane, cambiano le modalità della conoscenza, i rapporti con lo spazio ed il tempo. A partire dalle nuove generazioni nate e cresciute nell’era postindustriale – nuova frontiera per le agenzie di ricerca & sviluppo, si modificano le determinazioni dell’immaginario collettivo, le pratiche e i modi della comunicazione. La nuova merce estetica per questa fetta di audience è fatta di cartoons prodotti al computer, storie al “grado zero” del racconto, prodotti seriali ai minimi termini, che selezionano, banalizzano e rimandano i contenuti più elementari dell’immaginario: dalla fiaba alla mitologia, dalla fantascienza al racconto morale. Gli spot pubblicitari che li interrompono determinano una nuova dimensione della narrazione: più che mortificarne le caratteristiche, ne producono una nuova modalità, multidimensionale e parallela a quella dello zapping volontario dell’utente, indicando nuove dimensioni della fiction: è solo qui la radice di tutti gli entusiastici discorsi sull’ipertesto e l’interattività fra testo e fruitore.
Ed è in questa fase di passaggio che si ineriscono le tre pellicole, a chiudere un discorso, ad annunciarne un altro: Tron, Ritorno al futuro, Bladerunner. Cerniere fra l’immaginario industriale e l’estetica della virtualità, rappresentano, denunciano e commentano il passaggio di stato dalla tecnologia delle macchine a quella immateriale del software.
Ritorno al futuro, anche se cronologicamente è il più recente dei tre, logicamente precedenti gli altri due film. Il viaggio nel tempo – e il suo corollario, l’universo parallelo – è, insieme alla dialettica dell’uomo artificiale (robot, androidi, cyborg), uno dei pochi tratti veramente nuovi della fiction di anticipazione. La pellicola di Zemeckis mette al suo centro proprio il viaggio nel tempo, sviluppando un percorso durante il quale ritroviamo la maggior parte dei luoghi classici del genere, mediati dal contesto della narrazione. Oltre che per il valore cinematografico innegabile in sé – in termini di soggetto, scenaggiatura, montaggio – Back to the future è notevole per le implicazioni generate dalla sua posizione nei confronti della fantascienza – del sistema fantascienza – nel suo complesso. Il protagonista – sbalzato indietro di trent’anni senza volerlo – appare ai primi uomini che incontra come un extraterrestre invasore, come d’altra parte è “documentato” dalla copertina di una rivista dell’epoca. Incontra suo padre da giovane, e si trova di fronte ad un aspirante scrittore di science-fiction. Si infila in un circolo vizioso di possibili – alcuni solo impliciti – paradossi temprali. Alla fine, dopo essere tornato all’anno di partenza sfruttando l’energia di un fulmine, scopre di essere sì tornato nel suo tempo, ma in un mondo decisamente più gratificante. Abbiamo a che fare con un vero e proprio riepilogo del genere fantascientifico che ne discute i contenuti, ma anche le forme della produzione e del consumo, attraverso i caratteri e le situazioni che mette in scena, mentre la complessa interazione che si sviluppa con i futuri genitori mette in gioco alcuni temi portanti della riflessione psicoanalitica, altra componente centrale dell’immaginario contemporaneo.