Da quando si è affermata nella modernità, la democrazia è sempre cambiata, adattandosi a quelle che sono state le trasformazioni sociali e anche tecnologiche. In particolare Salvadori (2009) ha individuato tre tipi di regimi democratici che si sono susseguiti: il modello liberale (affermatosi a fine Ottocento), il primo modello liberal-democratico (affermatosi nella prima metà del Novecento) e il secondo modello liberal-democratico (riconducibile alla post-democrazia di Crouch, 2003).
Il sistema attualmente in corso, manifestatosi a partire dagli anni Settanta del Novecento, è caratterizzato dalla crisi dei partiti di massa. Negli ultimi decenni si è verificata una flessione della partecipazione di tipo convenzionale (ovvero legata all’attività partitica), sia in termini di partecipazione alle elezioni, sia in termini di coinvolgimento nelle attività di partito (Mair, 2013).
Probabilmente, è possibile far risalire gli esordi del passaggio dal secondo al terzo sistema democratico a quando emersero nuovi partiti “pigliatutto”. Si trattava di partiti più competitivi dei precedenti, che tentavano di superare l’enfasi sui forti legami rappresentativi e sull’efficienza organizzativa mirando a un pubblico più ampio e a un successo elettorale più immediato. In questa fase, pur se definiti in modo diverso − floating voters da Daudt (1961) e ticket splitters da De Vries e Tarrance (1972) − gli elettori disponibili a cambiare partito sono aumentati costantemente e l’incidenza del loro voto è spesso diventato tale da determinare l’esito delle elezioni. Manin (1997) ha parlato di «democrazia del pubblico» per riassumere le tendenze che hanno tradotto la classica rappresentanza basata sulle organizzazioni intermedie nella relazione diretta fra leader e “opinione pubblica”, cioè, fra gli “attori” politici e il loro “pubblico”, scavalcando in parte le classiche intermediazioni attraverso il vettore dei media.
Tuttavia, la partecipazione convenzionale, attraverso i partiti tradizionali, le elezioni e la membership partitica, non è l’unica forma di partecipazione, che può e potrà esprimersi anche in altre forme. È da considerare che il trend storico della democrazia moderna è stata quella della crescente apertura del sistema alla partecipazione dei cittadini (soprattutto nel passaggio fra primo e secondo modello di democrazia), che è stata chiamata da Dahrendorf (1977) la “voracità del cittadino”.