L’intelligenza come forza cosmica
Noi, qui e oggi, siamo il frutto di un’evoluzione che dura da oltre tredici miliardi e mezzo di anni e stiamo per mettere in discussione tutto: l’economia, la società, il pianeta, la vita stessa. Ci sono voluti miliardi di anni dal Big Bang alla nostra intelligenza. Su scala geologica e non cosmica è lunga la strada dei primi organismi unicellulari che arrivano al genere Homo e poi all’Homo sapiens. Se avessimo ragionato mettendo tutto su un arco temporale di ventiquattro ore con l’ora zero al Big Bang, nel momento in cui noi sapiens abbiamo dato il via alla rivoluzione industriale (metà XVIII secolo), le lancette si sarebbero trovate a quattro millesimi di secondo dalla mezzanotte. I prodigiosi progressi delle forme di vita sul nostro pianeta cominciano tra i quattro e i due milioni di anni fa. Per David Deutsch (2019), «il Big Bang, quasi 14 miliardi di anni fa, creò lo spazio, il tempo e l’energia, tutto il mondo fisico, […] la prima epoca delle novità, con il primo atomo, la prima stella, il primo buco nero, la prima galassia. Ma poi […] c’è stato solo ciò che definisco “la grande monotonia”». Che però è stata interrotta da un fattore cosmico epocale: la nostra intelligenza. Con essa è iniziata, spiega Deutsch, una seconda epoca di novità.
Le prime tracce delle trasformazioni che sono all’origine dello sviluppo dell’intelligenza vanno cercate nel territorio che oggi chiamiamo Etiopia e più precisamente nella Rift Valley. È qui che ha vissuto l’australopiteco cui i paleoantropologi hanno dato il nome di Lucy, la più antica antenata dell’umanità. Attraverso una incredibile serie di combinazioni possibili, Lucy e l’evoluzione ci dotano in “soli” 3,2 milioni di anni di un tipo di intelligenza che mette nelle nostre mani il potere di governare il destino della vita sul pianeta e di fare una rivoluzione copernicana nel rapporto tra noi e l’universo. Sempre che tra caos e sostenibilità la nostra intelligenza sia capace di fare la scelta giusta, altrimenti c’è l’estinzione.
Ma l’estinzione di noi umani non significa a tutti i costi fine del pianeta. C’è anche l’ipotesi che un’intelligenza immensamente più capace e potente della nostra, di cui siamo madri, possa scegliersi una traiettoria di sviluppo che non preveda la presenza dell’Homo sapiens, consapevolmente o per un errore di sistema. In tal caso, sarebbe riscritto da zero il concetto di vita e tutto sarebbe riconcepito, ma senza di noi. I diversi possibili scenari futuri hanno dato vita a un dibattito mondiale che si concentra su due temi aggreganti: sopravvivenza a surriscaldamento climatico e intelligenza artificiale.